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venerdì 21 agosto 2015

Una storia Europea

di Manos Kouvakis

"Non so con quali armi verrà combattuta la Terza guerra mondiale ma la Quarta verrà combattuta con clave e pietre" (Albert Einstein). 

Non so se in questo periodo noi viviamo la terza guerra mondiale, caratterizzata dagli attacchi dei terroristi, l'ISIS, il flusso esasperato di immigrati verso l'Europa, la crisi Ucraina, gli scontri fra la Grecia e la Germania sul terreno dell'Euro, lo scombussolamento climatico, la crisi energetica. Di certo non ci si può aspettare una guerra tradizionale e difficilmente una guerra atomica. Ma di certo c'è una continua escalation di eventi che in sordina ogni giorno influenzano il nostro futuro.

Fatti anche piccoli, che potrebbero essere insignificanti se valutati individualmente, ma collocati al posto giusto e nel modo giusto ci mandano segnali di allarme, quotidianamente, e bisogna capire che è arrivata l'ora di tenere alta la nostra attenzione, la guardia, per cercare di capire cosa c'è dietro tutto questo e in che modo influenza la nostra vita.

Uno di questi fatti, potrebbe essere, anche se in modo poco incisivo nel panorama generale, il problema della Grecia, la sua permanenza nell'euro, il terzo piano di "salvamento" che attualmente viene discusso nei tavoli internazionali e l'opposizione costante e ferrea della Germania.

Si deciderà in questi giorni il terzo piano di salvataggio di 85 miliardi, in cambio di tasse e riforme che vengono chieste alla Grecia di Tsipras. L'UE è d'accordo, ad eccezione della Germania di Angela Merkel che ha insistito sino all'ultimo su una uscita controllata della Grecia dall'Europa, passando poi ad una posizione più "morbida" di un prestito ponte molto più limitato. Intanto la Germania ha concluso una operazione da 1,23 miliardi di €, come riporta l'"efimerida tis kiverniseos" Greca, analoga della nostra GURI, portando due compagnie tedesche, in parte con capitale dello stato germanico, alla gestione di alcuni importanti aeroporti greci per i prossimi 30 anni.

Forse tutto questo potrebbe essere più chiaro facendo alcuni piccoli conteggi: La Germania ad oggi ha beneficiato di un guadagno di circa 100 miliardi di € dai prestiti dati fino ad ora alla Grecia, essi dovranno essere restituiti con tanto di interessi, anche se non particolarmente alti (circa il 2,4%) , ma niente regali.

A ciò si aggiunge che la Germania ha beneficiato nel recente passato anche delle disgrazie altrui, visto che i titoli tedeschi crescevano in modo diametralmente opposto tra i Bund tedeschi e quello delle obbligazioni di Atene. Si è notato, da studi fatti su questo specifico argomento, che ogni notizia valeva circa una 20ina di punti base al giorno, è accaduto anche durante gli ultimi avvenimenti, come al primo il rifiuto di Tsipras sull'accettazione della Troica o quando è stato indetto il referendum, in entrambi i casi il rendimento dei Bund tedeschi è aumentato e quello dei titoli greci è sceso, mentre con l'accettazione da parte della Grecia dell'ultimo memorandum, l'andamento si è invertito.

Il rifiuto e la chiusura della Germania della Merkel è una difesa degli interessi Tedeschi. Ma è questa l'Europa che noi vogliamo? e dove ci porterà tutto questo?

Possiamo a questo punto affermare che la Germania è cresciuta sulle spalle di altri paesi, fingendo d'essere quello che non è, cioè la locomotiva dell'Europa, usando l'EURO in un mercato comune per i suoi scopi, evitando così che altri paesi europei potessero "giocare" con le svalutazioni a loro favore, di volta in volta in una Europa con valute diverse. Mentre cosi, in una Europa dove diversi paesi sono impegnati in liti politiche interne, una Germania più attenta, lasciata libera di agire, trova terreno fertile per sviluppare i suoi programmi individuali.

Non a caso paesi più stabili economicamente come l'UK (sterlina) la Norvegia (Corona norvegese) o la Svezia (Corona svedese) sono rimasti fuori dall'euro.

La Germania nel frattempo aumenta il suo Expo, sfruttando a suo vantaggio, anche la posizione geografica nel centro dell'Europa, mentre i paesi del sud, per lo stesso motivo, diventano non competitivi, e sfrutta l'indebolimento dei paesi limitrofi investendo sull'acquisto dei loro titoli di stato aumentando il loro indebitamento.

In tutto questo va considerato anche il fattore energetico. Il governo tedesco intende approntare un quadro normativo, per regolamentare la fratturazione idraulica per la produzione di gas di scisto, un tipo di gas metano derivato da argille, prodotto a profondità tra 2000 e i 4000 metri e raggiungibile solo attraverso tecniche di perforazione particolari come la fratturazione idraulica. 

Questa estrazione, anche se suscita timori per i rischi ambientali, tenta di aggirare la dipendenza 
dal gas russo, che appare sempre più pericolosamente vicina. Energia prodotta sul posto e non acquistata, ma ha il difetto di costi elevati se confrontati con quelli che il mercato internazionale può offrire oggi, e specialmente quello che potrà offrire domani, cioè una energia a costi più bassi, che creerebbero un forte sbilanciamento delle competitività a discapito della Germania.

Anche qui la Grecia diventa un ostacolo per i tedeschi: i piani di Tsipras e quel gasdotto russo, che il premier greco ha ratificato ultimamente e che porterebbe il gas russo a prezzi bassi in Europa, piano che era stato smantellato in passato con i tentativi di farlo passare dall'Ucraina, a ciò si aggiunge la possibilità dello sfruttamento degli enormi giacimenti che si trovano nei mari della Grecia, e tutto ciò fa paura ai tedeschi.

Una Grecia sana, con una crescita interna, potrà investire e far crescere questi progetti, mentre una Grecia affannata, piena di problemi, difficilmente investirà e farà crescere nell'immediato questo settore, rimandando per anni questo scontro sull'acquisizione dell'energia a prezzi concorrenziali. Alla Germania è quello che attualmente rimane come speranza. E il rifiuto del risanamento del debito greco potrebbe essere letto anche sotto questa ottica.

Ma ormai, nel settore energetico, è cominciata una vera e propria rivoluzione, che non si può fermare ma si può provare a rallentare, nell'arco di una 40ina-50ina di anni creerà un polo formato dai paesi europei Grecia, Italia (Sicilia) Malta e Cipro, a cui si aggiungeranno i paesi Africani ed Asiatici che si affacciano nel Mediterraneo, per lo sfruttamento delle riccissime risorse che si trovano in queste acque, che competerà con l'attuale industria petrolifera del Mare del Nord che è “vicina al collasso” per la diminuzione dei prezzi. Situazione che ha portato ad un continuo taglio del personale per risparmiare soldi. Si considera che quasi nessun progetto nel Mare del Nord è redditizio con il petrolio al di sotto dei 60 dollari al barile (http://www.bbc.co.uk/news/business/market_data/commodities/143908/intraday.stm). Cosi nei giacimenti maturi, si comincia a valutare in prospettiva ipotesi di chiusura, per i costi sempre più elevati dell'estrazione.



Se avrà inizio la produzione nel Mar Mediterraneo, con costi di estrazione molto più bassi, questo darà il colpo di grazia ai produttori e quindi anche alla economia di quei paesi dei mari del nord attualmente coinvolti, da diversi decenni, nell'estrazione con conseguenze drammatiche anche per la loro economia.

Tornando alla Grecia, va anche tenuto in considerazione che può contare su alleati forti oltre oceano, che hanno bisogno di difendere la loro stessa supremazia militare nel mar mediterraneo, garantita da decenni di alleanze con lo stato Greco, vista la particolare posizione geografica che occupa nel mediterraneo. Questo permette al governo greco di "assicurarsi" quelle pressioni politiche che possono cambiare gli equilibri in una situazione che poteva sembrare a senso unico, ma che può trasformarsi in una vittoria se si riuscirà a "tagliare" parte del debito greco, cosa impensabile con i governi Greci precedenti, ma che Tsipras sta rendendo possibile, anche se ha dovuto "sacrificare" diverse concessioni.

Forse Tsipras ha messo nella bilancia i pro e i contro, con una visione che non si limita ad oggi ma guarda al domani, un progetto che vede la prosperità del popolo greco in un domani non molto lontano e sa che i sacrifici che chiede al suo popolo sono indispensabili, obbligatori, e rappresentano l'unica soluzione immediata per raggiungere lo scopo finale. Non si tira indietro. E stranamente il PIL greco ha avuto, a sorpresa, un piccolo cenno in positivo, dopo anni.

Una guerra non dichiarata, ma combattuta aspramente in tutte le sedi e in tutti i modi, da chi, da un fronte e dall'altro, difende i suoi interessi di stato.

Ma è solo fra Grecia e Germania in questo momento la disputa? Certo che no. Lo è fra paesi "attenti" e paesi "distratti" a tutto quello che succede quotidianamente a Bruxelles, quest'ultimi sono quelli che non curano i loro interessi nella sede del parlamento Europeo, specialmente quando in patria ci sono problemi e divisioni politiche. Solo se il "problema" colpisce direttamente loro si fanno sentire, emblematico l'assurgere a problema del tema migratorio solo dopo che ha investito direttamente i Paesi forti dell'UE (Germania, Francia, Inghilterra), mentre fino ad ieri il tema era solo ed esclusivamente considerato di periferia. 

Questa è l'Europa dove oggi noi viviamo. Ma è l'Europa che vogliamo?

Forse la protesta di Tsipras, ha seminato oggi un seme che se riuscirà a crescere, porterà presto un cambio di vento, verso una direzione più favorevole a tutti noi, ma dobbiamo remare insieme.

giovedì 16 luglio 2015

Una lettura diversa della crisi greca: Tsipras ha perso una battaglia, ma Russia e Cina...

di Manos Kouvakis


tratto da "LA VOCE DI NEW YORK":
http://www.lavocedinewyork.com/Una-lettura-diversa-della-crisi-greca-Tsipras-ha-perso-una-battaglia-ma-Russia-e-Cina-/d/13304/


Il leader greco ha accettato tutte le penalizzazioni per non uscire dall’Eurozona. E il motivo c’è: deve difendere l’accordo con la Russia (gasdotto) e l’accordo con la Cina nel porto del Pireo. Ed è proprio per i suoi rapporti con Russia e Cina che mezza Europa ha cercato di mettere la Grecia fuori dall’Unione. Ma non ci sono riusciti



In questi giorni è iniziata una dura battaglia che ha visto i greci e Tsipras da una parte, contro i tedeschi della Merkel e Schäuble dall’altra. Battaglia ampiamente vinta da questi ultimi con la firma di un trattato umiliante per i Greci. Tsipras ha dovuto difendere con le unghie e con i denti la permanenza della Grecia nell’Euro, accettando alla fine qualsiasi cosa gli è stata proposta. Ha perfino buttato la propria giacca sul tavolo delle trattative dicendo: “Prendete pure questa, tanto non ho nient'altro”

In queste ore si sta cercando di ratificare l’accordo sottoscritto nel Parlamento greco. Con le maggiori TV tedesche in collegamento diretto che seguono, passo dopo passo, le votazioni, traducendo letteralmente le discussioni che avvengono in questi minuti in Grecia. Si sta cercando di trasformare in legge la pesante tassazione che Tsipras ha accettato, per poter così contare, forse, su un piccolo prestito ponte, con l’obiettivo dare respiro alle banche greche che ormai si trovano davanti al baratro del fallimento.

Ma tutto questo è ormai storia che viene ripetuta di continuo da tutti. Io vorrei fare alcune riflessioni su alcuni argomenti, diversi da quelli su cui tutti stanno discutendo in queste ore.

E’ lampante che il piano tedesco era quello di buttare fuori la Grecia dall’Europa e dall’Euro. Tsipras, perdendo una grande battaglia, ha alzato bandiera bianca, accettando tutto quello che gli veniva proposto per salvare la permanenza della Grecia fra i Paesi dell’Euro. E l’ha fatto forse contro ogni previsione, nonostante le richieste del gotha europeo, giorno dopo giorno, diventavano sempre più dure.

Ma perché la Germania vuole questo? Certamente la questione di simpatia c’entra poco, quando tutto ruota attorno ad interessi e affari e la Grecia è coinvolta in moltissime operazioni di questo genere. Eccone alcune.

Tsipras-Putin, asse nell’energia dopo lo stop al progetto South Stream. Tsipras rompe il fronte europeo del


gas aprendo la strada alla partecipazione della Grecia a una pipeline russo-turca per portare in Europa il gas russo, aggirando l'Ucraina. Questo avviene, come già accennato, dopo il fallimento del progetto South Stream (a cui partecipava anche l’Eni, che è tuttora socia al 20% di South Stream Transport Bv, joint venture incaricata di costruire e gestire la tratta offshore nelle acque del Mar Nero). Ma il destino di South Stream (di cui fanno parte anche Gazprom al 50%, più la francese Edf e la tedesca Wintershall, entrambe al 15%) oggi è quanto mai incerto. La Saipem (società del gruppo Eni) che per la tratta sottomarina aveva già cominciato a lavorare grazie a tre contratti di appalto (l'ultimo dei quali, il più ricco, da 2 miliardi di dollari), ha interrotto i lavori per volontà di chi non voleva che arrivasse in Europa il gas russo. Lo stesso Vladimir Putin in persona ha dichiarato da Istanbul, in conferenza stampa col presidente turco Tayyip Erdogan: “Se l'Europa non vuole realizzarlo, non verrà realizzato”.

Sulla stessa linea anche il governo italiano, che molto recentemente ha cambiato orientamento, con il ministro dell'Industria che ha detto che per l'Italia “South Stream non è più nella lista delle priorità”. Ma Tsipras e Putin hanno ripescato questo piano abbandonato, e lo stesso Tsipras, in riferimento alla partecipazione di Atene al progetto del gasdotto che attraverserà la Turchia, ha precisato che ogni Stato membro, “ha diritto a firmare accordi bilaterali in campo energetico”. Questo progetto può assicurare la “sicurezza energetica rispettando le regole sia della Grecia che dell’Unione Europea”.

Tsipras ha più volte sottolineato che la Grecia, pur facendo parte dell’Unione Europea, è un Paese sovrano e quindi ha il diritto di tutelare i propri interessi nazionali in linea “con il suo ruolo geopolitico di Paese mediterraneo e balcanico”, aggiungendo che Atene è contraria alle sanzioni imposte dalla UE a Mosca, una forma di “guerra economica” che non condivide affatto: “Spero - ha affermato il leader greco - che sorga una nuova primavera nelle relazioni tra i nostri due Paesi”.

Dal canto suo, Putin ha detto che la Grecia “può diventare un importante centro di distribuzione” grazie al gasdotto russo-turco che Mosca intende costruire con Ankara dopo la cancellazione del progetto South Stream. “La Grecia però non ci ha chiesto aiuto finanziario”, ha precisato il leader del Cremlino, il quale ha aggiunto che Mosca potrebbe partecipare ad alcuni dei programmi di privatizzazione in Grecia e investire in progetti per la realizzazione di infrastrutture. Il 2016, ha aggiunto, sarà l’anno della valorizzazione dei rapporti culturali fra Russia e Grecia.

A questo va aggiunto che, secondo le ricerche dell’US Geological Survey, che compie importanti studi nel settore, la Grecia potrebbe custodire sotto i suoi mari un tesoro del valore di 600 miliardi di dollari e che, insieme con Israele, Cipro, Libano, Turchia e Siria, potrebbe formare un fortissimo polo nella gestione di queste risorse. In particolare, le riserve sottomarine si troverebbero nelle acque a sud di Creta e avrebbero una portata di ben 3 mila e 500 miliardi di metri cubi di gas naturale, mentre il petrolio ammonterebbe a più di un miliardo di barili. Considerando che nel 2011 l’Europa ha consumato più o meno 500 miliardi di metri cubi di gas, la piccola Grecia potrebbe costituire un’importante fonte alternativa e integrativa rispetto al gas russo.

Una Grecia piena di difficoltà economiche ritarderebbe questo tipo di investimenti. Tale ritardo favorirebbe il polo attualmente esistente fra i Paesi dei mari del Nord che si trovano vicini al collasso. Con il prezzo del greggio in calo, nel Mare del Nord le aziende petrolifere tremano. Così fonti bene informate definiscono l’industria petrolifera britannica nel Mare del Nord. In questo scenario, una Grecia distrutta non sarebbe un pericolo per i prossimi decenni.

Porto di Pireo: durante le privatizzazioni fatte dal 2010 ad oggi, lo Stato greco ha fatto passare nelle mani dei cinesi tutta la gestione del porto di Pireo. I cinesi, con cospicui investimenti, lo hanno trasformato nel principale ingresso di merci che arrivano dalla Cina che poi, una volta sdoganate, vengono smistate in tutta Europa. Attività che subirebbe una battuta di arresto se Pireo uscisse dai confini dell’Europa, con le merci che, una volta arrivate in questo porto, dovrebbero successivamente affrontare la dogana in un altro punto, in un altro Stato, con grossissimi problemi di logistica.


Il porto del Pireo visto dall'alto

Attraverso società come la COSCO (China Ocean Shipping Company) la Cina, nel corso degli ultimi anni, ha portato avanti un'opera di penetrazione economica. La quantità di cargo e container salpati dai porti cinesi è cresciuta, negli ultimi cinque anni, di circa il 35% anno.

Strategia economica e politica, tenendo conto che le imprese cinesi sono società controllate dallo Stato, non possono che andare di pari passo: le scelte economiche sono funzionali alla strategia politica di Pechino e viceversa. Partendo da questa considerazione si comprende in modo chiaro la ragione per cui la COSCO ha scelto di investire in Grecia, assicurandosi per 500 milioni, attraverso la propria controllata COSCO Piraeus Container Terminal S. A., la gestione per 35 anni - e l’opzione per altri cinque - delle banchine II e III del porto del Pireo, cioè lo sbocco a mare della capitale Atene. L’investimento complessivo, comprese le opere di ammodernamento delle banchine, è stato stimato attorno ai 3,4 miliardi, e la banchina III è appena divenuta operativa dopo i lavori di ampliamento (mentre la II era attiva già dal 2009).

Pireo è il più grande porto della Grecia e uno dei più importanti del Mediterraneo orientale. Certamente meno importante, in termini di traffico merci, dei grandi porti del Nord Europa, ma rispetto a questi molto più facilmente alla portata dei container cinesi, attraverso il Canale di Suez. Va poi considerato che la Grecia è vicina a mercati emergenti come quelli della Turchia, dell’Europa orientale e dei Balcani, attraverso i quali le merci cinesi possono raggiungere anche il Nord Europa. Pechino intende usare il Pireo come porta di accesso ai mercati europei, ipotesi confermata dal fatto che negli ultimi anni sempre meno container cinesi sono transitati nei porti di Napoli e di Istanbul, precedenti destinazioni privilegiate. Non a caso la COSCO negli ultimi anni si è mostrata fortemente interessata sia al processo di privatizzazione dell’Autorità Portuale del Pireo che delle ferrovie e degli aeroporti greci. Lo scopo, ovviamente, è quello di creare una corsia di passaggio “protetta” che permetta alle merci cinesi di transitare per le banchine controllate dalla COSCO, dirette verso il cuore degli altri mercati europei, avendo in più la capacità di gestire i flussi commerciali provenienti da altri Paesi.

Immigrazione clandestina: Italia e Grecia sono in questo momento la porta d’ingresso di una grossa percentuale di immigrati clandestini che, tramite il Canale di Sicilia o le isole greche sparse nell’Egeo, riescono ad entrare in Europa. L’uscita della Grecia dall’Europa permetterebbe immediatamente di risolvere il problema dell’immigrazione clandestina, almeno per chi approda in Grecia, diminuendo così di una forte percentuale questi flussi.

Ma tutto queste non sono che piccole riflessioni, che pongono sotto i riflettori diversi un problema ben più grave di complicità e interessi internazionali, che coinvolgono una piccola Grecia. Con un Tsipras che, di fatto, ha rotto equilibri ben consolidati a favore dei Paesi che oggi dominano l’Europa. E l’ha fatto con le sue aperture verso la Russia, come riferisce Bloomberg, che riporta le dichiarazioni di Tsipras secondo cui "la nuova architettura di sicurezza europea deve includere la Russia”. Mentre “la Grecia come Stato membro dell'UE, può essere un ponte tra l'Occidente e la Russia". Tsipras sta diventando il pericolo numero 1 per i potenti dell’Europa che si accaniscono contro il popolo greco che lo ha eletto e supportato con il recente referendum e i sondaggi.

Tsipras ha perso una battaglia, in questi giorni, con l’accettazione delle pesanti condizioni poste dai tedeschi e firmando per un accordo che porta la Grecia ad avere un debito ingestibile. Debito che le nega qualsiasi possibilità di crescita. I grandi d’Europa lo sanno, ma forse non hanno mai letto la storia greca, piena di periodi contrassegnati da grandi problemi che per altri sarebbero stati insuperabili, ma che i greci hanno saputo affrontare. E’ evidente che non hanno visto le immagini recenti di un popolo che si mette a ballare in piazza Sintagma dopo il risultato del recente referendum senza preoccuparsi del domani.

Tsipras ha perso una pesante battaglia, ma la guerra è appena iniziata. E le simpatie maggiori, da parte dei popoli del mondo, non sono indirizzate certamente verso i centri di potere europei.

sabato 27 giugno 2015

Grecia/ La crisi vista da un greco che vive da anni in Sicilia: “Sull’Euro Tsipras lascerà decidere il popolo”

di Manos Kouvakis

tratto da "LA VOCE DI NEW YORK":

L'OPINIONE/ Manos Kouvakis, da decenni in Sicilia, dove gestisce un Centro di alta formazione in subacquea industriale, racconta il suo Paese. I legami e le similitudini tra greci e siciliani. Il ruolo della volontà popolare nel possibile no alla Troika. E le porte aperte a Russia e Cina 



Manos Kouvakis è un greco che vive da tanti anni in Sicilia. Ma non ha mai perso il legame con la sua terra. Per lui, Grecia e Sicilia presentano tante similituduni: nei colori, nei sapori, nel modo di affrontare la vita. Dietro c'è una filosofia. Ma anche l'orgoglio di un greco che, oggi più di ieri, si sente rappresentato da Tsipras, un leader democratico diverso da chi l'ha preceduto che, a suo giudizio, interpreta le aspirazioni del popolo greco.

Nella trasmissione Prosopika della televisione nazionale greca Nerit del 5 aprile 2015, dal titolo La Grecia dell’Italia, la giornalista Elena Katritsi, nella sua intervista, ha cercato di riportare temi e opinioni dei greci che da anni vivono in Sicilia. Si parla dell’unicità della Sicilia e della sua similitudine con la Grecia, sia di tipo caratteriale ma anche di tipo politico-economico e della “vita che scorre nel suo quotidiano piena di sapori colori e musica”. Insomma, di una Sicilia legata alla Grecia da un filo invisibile.

Il rapporto tra Grecia e Sicilia si intreccia con le vicissitudini che l’attuale governo greco di Tsipras sta affrontando, dando un brusco cambio di rotta ad un ambiente consolidato dai governi passati che hanno portato il popolo ellenico a guardare con occhi diversi il passato. Sì, è vero che negli ultimi 40 anni della mia permanenza in Sicilia sono stato poco interessato all’andamento politico greco, ma è anche vero che l’elezione di Tsipras è stato un richiamo che ha attirato la mia attenzione sulle vicende del mio Paese.

Forse anche la conoscenza della lingua e i parenti rimasti in Grecia mi hanno coinvolto, ormai da mesi, in continue discussioni mai fatte prima sulle vicende politiche greche. Forse la sofferenza di un popolo che ha superato i confini dello stato greco e sta facendo da richiamo a tutti noi, cercando, come ha fatto sempre nei secoli passati, di alzare la testa e rompere ancora una volta le catene.

Tsipras (nella foto a destra con il Ministro dell'Economia greco, Varufakis)ha espresso la volontà della

maggioranza del popolo greco quando, nei giorni scorsi, ha dichiarato al Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo: “Ci troviamo nel bel mezzo di una tempesta. Ma siamo gente di mare, siamo esperti della furia degli elementi e non temiamo di navigare su acque profonde, in nuovi mari, per raggiungere porti nuovi e più sicuri”. Mentre Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze della Grecia nel Governo Tsipras parla dell’accordo che non si riesce a siglare fra le esigenze del popolo greco e i Paesi ‘duri’ dell’Unione Europea, non utilizzando la parola inglese agreement o agreed, ma l’equivalente parola greca: sinfonia, che suona come la melodia di un accordo che permetterebbe alle parti di portare avanti una politica comune, che metta in primo piano la crescita di un popolo. Sì, la crescita del popolo greco che, anche alla luce degli errori commessi dai governi precedenti, rifiuta di mantenere una Troika di sacrifici, sudore e sangue, a vantaggio degli interessi forti, interessi che nulla hanno a che fare con la solidarietà e la cooperazione, valori nel cui nome è stata costruita l’Eurozona. 

Il governo greco è pronto a far saltare gli “accordi subiti” e navigare verso porti nuovi, ma nello stesso tempo lotta affinché si trovi la “sinfonia” all’interno dell’eurogruppo, avendo la consapevolezza che in questo momento manca ai suoi interlocutori, che si trovano dall’altra parte del tavolo: ovvero la consapevolezza che l’uscita della Grecia dall’Euro, per quanto disastrosa possa essere nell’immediato per il governo greco, non è per nulla paragonabile alle macerie che lascerebbe alle sue spalle in tutti i Paesi che resteranno all’interno dell’Eurozona. In ogni caso si apriranno scenari impensabili, che in questo momento si possono solamente ipotizzare, ma nulla sarà come prima.

E’ possibile questa soluzione dell’uscita della Grecia dall’Euro? Penso di sì, perché nessuno ha veramente capito dopo tanti secoli lo spirito del popolo greco, che è il vero motore che fa muovere Tsipras, greco al cento per cento, che con le lacrime agli occhi ha tenuto i suoi discorsi nel Parlamento ellenico in piazza Syntagma ad Atene. Ora, Alexis Tsipras vuole la delega dalla maggioranza del popolo greco per andare avanti in una decisione storica, quale essa sia, decisione che dovrà prendere nei prossimi giorni nei tavoli delle trattative europee. Anche per lanciare un segnale forte ai Paesi dell’Eurozona. Che dirà? Da greco, penso che dirà non ci sono più margini e tempo, che non saranno più accettate condizioni transitorie che non risolvono niente, ma prolungano solo le sofferenze di un popolo già molto provato. Insomma, chiederà ai propri cittadini di dargli un mandato preciso, su cosa fare. E cioè:

a) rimanere nell’Euro e accettare il piano della Troika;

b) uscire dall’Euro e accettare la Dracma con tutte le conseguenze (e opportunità?) del caso.



Da grande politico, vuole che questa decisione storica sia condivisa dal popolo, lui vuole solo farsi portavoce della sua volontà, facendo partecipare ogni singolo cittadino a questo avvenimento, dove qualsiasi soluzione che verrà scelta diventerà storia: una storia che sarà raccontata alle generazioni future. Vuole sentire il polso di un popolo che si sente umiliato da questo trattamento, che vuole stare in Europa, ma come cittadino europeo e non come popolo sottomesso alle banche, di un popolo che vuole stare in una Europa diversa, come era stata pensata quando è stata creata e non come quella attuale. Un’Europa che oggi non sembra avere memoria di un popolo - il popolo greco - che non ha mai avuto paura ad alzare la testa e combattere contro nemici molto più potenti senza timore, e che la storia di secoli e secoli ha sempre premiato con la vittoria.

Nello stesso tempo Tsipras non chiuderà la strada ad alternative possibili, perché vuole trovarsi pronto ad ogni evenienza. Da qui l’importanza della sua presenza a San Pietroburgo, con riferimento all’intesa preliminare fra Russia e Grecia per il passaggio del gasdotto Turkish Stream sul territorio greco. Accordo che permetterà ad Atene di usufruire di un prestito pari al 100% dell’importo del gasdotto che avrà una capacità annua di 47 miliardi di metri cubi di gas, con un accordo che pone le basi per una ulteriore cooperazione con la Russia. Sullo sfondo c’è anche il mercato cinese, che attualmente ha molto investito in Grecia, come per esempio nel porto di Pireo. Una Cina che sta guardando con attenzione agli sviluppi della crisi greca ed è pronta ad intervenire.

Non va dimenticato un altro aspetto importantissimo, che attualmente non viene menzionato: la Grecia è ricca di risorse nel settore degli idrocarburi e il governo greco, ultimamente, ha annunciato la proroga del termine per la presentazione delle offerte per la seconda esplorazione e sfruttamento degli idrocarburi in 20 aree marine della Grecia occidentale e a sud di Creta. Questo potrebbe essere il naturale sviluppo di uno scenario internazionale nuovo, che porterà nei prossimi decenni a trasformare una zona del Mediterraneo (che include Cipro, Grecia, Sicilia e i Paesi nordafricani) in un polo di estrazione petrolifera. Opzione che porterà benessere economico alle popolazioni locali e che potrà sostituire, nei prossimi decenni, il polo dei Paesi del Nord, dove attualmente lo sfruttamento degli idrocarburi è spinto ai limiti dello sfruttamento economicamente accettabile.

Siamo all’inizio di nuove ere, che cambieranno in ogni caso concetti e visioni di un futuro davvero intrigante e interessante, ma anche con moltissime incognite e nodi che dovranno essere sciolti in tempi brevi, come in un romanzo di avventura, scritto dai migliori scrittori internazionali del settore, ma con attori e situazioni reali che noi vivremo in prima persona, perché la soluzione finale toccherà tutti noi, in qualsiasi parte del mondo viviamo.

Chiudo con una digressione su un settore che da anni mi vede protagonista in Sicilia: la formazione di personale altamente specializzato nella subacquea industriale. Il Centro di formazione che abbiamo aperto in Sicilia a Palermo - il Cedifop - in questo momento non può dialogare con Grecia. A meno che il mio Paese non adeguerà la propria legislazione alla normativa internazionale del settore. Passaggio che potrebbe avvenire nei prossimi anni vista l’importanza della subacquea industriale. Questo potrebbe diventare un settore che potrebbe unire Sicilia e Grecia in un Mediterraneo nel quale la domanda di queste particolari professionalità è in crescita.


(Foto tratta da nationalgeografiph.it)