Il mondo professionale subacqueo italiano può essere diviso in due grandi scomparti di operatori, quelli che seguono la didattica e usano le attrezzature della subacquea sportiva ricreativa e quelli che seguono la didattica e usano le attrezzature della subacquea commerciale o subacquea industriale.
Nel primo scomparto possiamo inserire i seguenti professionisti:
- istruttori, guide, accompagnatori (professional leisure diving), ultima tra le attività entrate nel professionismo, riunisce coloro che in ambito sportivo e turistico lavorano remunerati per fornire un servizio di didattica e/o di accompagnamento a turisti e a sportivi di ogni livello e provenienza;
- giornalisti e foto/cine/teleoperatori (media project diving), una attività limitata, nel numero dei partecipanti, ma elevata nei livelli di specializzazione e di competenza, che giungono spesso a portare i praticanti oltre i limiti tradizionali e codificati della fisiologia e delle regole internazionali della subacquea.
- osservatori scientifici che operano nei settori della ricerca scientifica e delle indagini ambientali.
Il secondo scomparto – subacquea industriale o commerciale - è quello che ci interessa approfondire, ad esso appartiene chi si immerge per eseguire lavori manuali utilizzando attrezzature specifiche. Questa figura professionale viene collocata nel settore "Industria" sotto la voce "Artigiani, operai specializzati e agricoltori/ Fonditori, saldatori, lattonieri – calderai, montatori di carpenteria metallica ed assimilati" (codice delle Professioni - ISTAT), che nelle sue declinazioni arriva al riconoscimento della qualifica di “Sommozzatore”. Diversi percorsi formativi, fatti oggi in Italia, da scuole con poca esperienza nel settore, a discapito di chi li frequenta, non sono calibrati per ricadere all'interno di questo settore (industria).
Dal punto di vista legislativo, la figura del “sommozzatore” viene istituzionalizzata in Italia dal D.M. (Decreto Ministeriale) del 13 Gennaio 1979 “Istituzione della categoria dei sommozzatori in servizio locale”, e dalle modifiche apportate dai D.M. 31 Marzo 1981 “Integrazioni al decreto ministeriale 13 gennaio 1979 concernente l'istituzione della categoria dei sommozzatori in servizio locale” e D.M. 02 Febbraio 1982 “Modificazioni al decreto ministeriale 13 gennaio 1979 istitutivo della categoria dei sommozzatori in servizio locale”, con i quali viene sottolineato che solo l'attestato di qualifica professionale, con allegato brevetto, di operatore tecnico subacqueo (sommozzatore) rilasciati da scuole riconosciute dallo stato o dalle regioni sono validi per l’iscrizione al Registro Sommozzatori tenuto dalle Capitanerie di Porto. Tale iscrizione abilita il sommozzatore ad operare in ambito portuale e conserva fino alla data odierna la sua valenza.
Ulteriori contributi, nel definire modalità ed ambiti operativi dell’OTS, sono stati dati a partire dal 1992 dalla Capitaneria di Porto di Ravenna, con l’ordinanza n. 77, la quale cita regole importanti per effettuare le immersioni di lavoro in sicurezza, anche al di fuori dell’ambito strettamente portuale, alla quale sono state affiancate le Capitanerie di Porto di Venezia (ordinanza n. 32 del 2006), di Ghioggia (ordinanza n. 33 del 2006), di Anzio (ordinanza n. 25 del 2010), di Caorle (ordinanza n. 5 del 2011) e quella di Palermo (ordinanza n. 50 del 2011), la sentenza del TAR del Lazio del 2006, che ha abolito il problema del limite di età per l’iscrizione al registro, fissata fino a quella data a 35 anni, e la normativa UNI 11366 del 2010 "Sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell'industria - Procedure operative" (Titolo in lingua inglese: Health and safety in diving and hyperbaric professional activities - Operative procedures), che definisce i criteri e le modalità di esecuzione di attività subacquee, le caratteristiche delle attrezzature e degli equipaggiamenti utilizzati ed i requisiti di natura professionale che deve possedere il personale coinvolto, tali da garantire la sicurezza e la tutela della salute dei medesimi lavoratori durante l'espletamento di tali attività.
Il fatto che la legislazione italiana in merito non è aggiornata, non aiuta di certo una formazione coerente e rispondente alle esigenze delle aziende che operano nel settore, e principalmente va a discapito di chi, senza conoscere questi problemi, decide di intraprendere questa professione, “buttandosi” al primo generico richiamo di un corso di formazione professionale.
Per contrastare la mancanza di regole certe da parte delle istituzioni, rimane soltanto l’iniziativa privata, come quella che noi del CEDIFOP, da anni abbiamo messo in atto, basandoci sulla nostra ormai quasi ventennale esperienza nella formazione specifica di OTS, cercando riferimenti e riconoscimenti a livello Internazionale, seguendo percorsi formativi specifici e monitorati da enti internazionali che operano in questo settore, investendo da anni nella qualità della formazione e aggiornando i nostri percorsi formativi costantemente, per essere sempre al passo con le esigenze di un settore in continuo sviluppo.
La competenza nell'impiego del casco rigido fa parte della formazione di base degli OTS che frequentano i corsi CEDIFOP, una sua collocazione nell'ambito del quadro delle equivalenze internazionali vede la figura e la definizione corrispondere allo Standard Surface Supply o/e Standard SCUBA and Surface Supply, certificazioni già riconosciute al CEDIFOP dall’HSE.
In particolare l’area operativa del sommozzatore è:
- recupero o demolizione di relitti (salvage diving), è l’attività tradizionale dei palombari che ha costituito per oltre un secolo e mezzo il nucleo (core business) dell’attività professionale subacquea;
- interventi portuali (harbour diving), è l’attività altrettanto tradizionale che i palombari esercitavano nei porti per la loro costruzione, insieme ai “cassonisti”, e per le operazioni di ispezione, carenaggio, manutenzione e riparazione delle navi e degli ormeggi. In questo settore rientrano tutti i palombari (Codice della Navigazione) e tutti i Sommozzatori (DM del 13 Gennaio 1979) iscritti nei rispettivi registri per essere abilitati a operare in “servizio locale”;
- interventi industriali per gli idrocarburi (oil and gas diving), attività che si è sviluppata a partire dal secondo dopoguerra ed ha assorbito gruppi crescenti di operatori subacquei professionisti, al punto da vantare oggi, nelle sue file, oltre tre professionisti subacquei su quattro;
- interventi per acquacoltura (fish farm diving), è probabilmente la più silente, ma non per questo la più negletta, tra le attività subacquee professionali. Di relativa recente comparsa, rivela una lenta e contenuta tendenza all'espansione;
- pesca professionale e raccolta di corallo (coral diving), storicamente e tradizionalmente ricca di nomi e di episodi, questa attività è limitata a un gruppo relativamente ristretto di operatori che lavorano oltre i limiti della fisiologia e delle regole internazionali dell’industria subacquea;
- interventi per ricerca scientifica e delle indagini ambientali, categoria a volte al confine fra i due scomparti della subacquea citati all’inizio, qui una distinzione sottile può essere vista ed interpretata anche in considerazione degli strumenti usati dal subacqueo per l’espletamento del suo lavoro; per esempio, se l’attività prevede principalmente l’osservazione, rientra nel primo scomparto della subacquea sportivo/ricreativa, ma, se l’attività svolta prevede l’uso di attrezzature meccaniche (per esempio uso della sorbona, palloni di sollevamento o altro, (come avviene nei cantieri di archeologia subacquea) una formazione più specifica diventa obbligatoria per aumentare il livello di sicurezza, ma anche le competenze professionali degli operatori, per cui in questo caso, il subacqueo dovrebbe essere collocato nel secondo scomparto.
di Manos Kouvakis
direttore CEDIFOP
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