Le autorizzazioni per la ricerca e l’estrazione di petrolio in Siciliasaranno concesse soltanto alle compagnie che hanno sede fiscale nell’Isola.
L’accordo, firmato dal presidente della Regione siciliana con il rappresentante dell’Associazione Mineraria, costituisce un punto di svolta non solo nei rapporti fra petrolieri e la Regione, ma anche per quelle aziende che producono nell’Isola e pagano le tasse altrove. Mentre con la firma dell’accordo sull’estrazione del petrolio, la svolta si concretizza, sul resto c’è da lavorare ancora e con tenacia.
La Commissione paritetica Stato-Regione, che avrebbe dovuto affrontare finalmente, la questione – gli art. 36 e 37 dello Statuto della Regione dedicati al fisco “siciliano”- è praticamente “in sonno”,come ha chiosato il professore Antonio La Spina, il presidente, a causa della defezione di umo dei componenti, dimissionario sin dalla prima seduta.
Le trivelle, dunque, fanno da apripista. Una valutazione sull’entità delle risorse che potrebbero arrivare grazie all’accordo, è assai difficile. L’elezione della sede fiscale potrebbe essere “aggirata” dalle compagnie, e la Sicilia si troverebbe per le mani una scatola vuota. Dipende, dunque, dalla qualità e dagli interessi delle compagnie, oltre che dalla vigilanza e dalle buone pratiche dell’amministrazione regionale.
Finalmente tuttavia, si cambia registro. Mettere a reddito la produzione siciliana, chiunque la faccia, è ormai diventato essenziale per la sopravvivenza – economica e sociale – dell’Isola.
L’Isola non può rimanere una servitù di passaggio: arriva e si produce di tutto nell’Isola, dal gas al petrolio, dalle fibre ottiche alle materie plastiche, alle telecomunicazioni. E’ un hub prezioso oltre che una terra ricca di risorse naturali. Perché mai il Muos non deve pagare un pedaggio? O il gas del Greenstream?
Invece che sulla difensiva, la Regione potrebbe giocare d’attacco finalmente. Come ha fatto con le trivelle.
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