CEDIFOP

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le foto si riferiscono alle attività del CEDIFOP, nei vari livelli di addestramento

sabato 21 giugno 2014

Sicilia e formazione professionale, storia di un isola felice che non c’è più

(di Manos Kouvakis)


C’era una volta, in un isola felice, un collaudato percorso per la gestione dei corsi di formazione professionale che si divideva in due grandi settori:
  • la formazione con fondi nazionali ed europei, realizzata a seguito di bandi pubblici a cui regolarmente partecipavano tutti gli enti che ritenevano di poter gestire e realizzare progetti innovativi e specialistici, e
  • una formazione “ordinaria” di progetti formativi finanziati con fondi regionali, la cosiddetta legge 24, e la regione, con i propri mezzi li finanziava seguendo logiche “particolari”, … (LR 24 del 6-03-1976 – art.24 “…. Agli oneri ricadenti negli esercizi finanziari successivi a quello in corso, valutati in lire 1.000 milioni, si provvede con parte dell' incremento del gettito delle entrate tributarie della Regione.”)
Ma a un certo punto, dal 2003 in poi, i fondi regionali sono venuti a mancare e i rubinetti di flusso continuo di risorse pubbliche chiusi o deviati ad “annaffiare” altro tipo di “coltivazioni”(all’epoca era subentrato il problema dell’inserimento degli ex articolisti ed altri lavoratori il cui mantenimento veniva man mano caricato su fondi regionali, togliendo la possibilità di investire in altri settori). Questo ha creato sofferenza alla regione, che decide di non promuovere più bandi come quelli del primo settore, provando a finanziare solo la formazione del secondo tipo con fondi nazionali ed europei destinati al primo settore.

Cosi si firma nel 2005 un protocollo d’intesa (all’epoca l’assessore al lavoro era l’On. Francesco Scoma) con la comunità europea, con cui si stabilisce che la CE da una parte garantiva un flusso di denaro per la formazione professionale siciliana, mentre la regione Sicilia si impegnava a garantire all’Europa una serie di condizioni obbligatorie come il diritto di libera concorrenza, di partecipazione aperta a tutti coloro che rispettano le clausole europee, cioè a tutti gli enti accreditati che possono gestire corsi di formazione professionale in Sicilia; infatti leggiamo nel Decreto Assessoriale del 13/04/2006, pubblicato nella GURS di 30/06/2006, supl. Ord. n.2 :”Considerato che, in conformità ai principi fissati negli articoli 28 e 49 del trattato istitutivo della Comunità europea, appare necessario che la regione assicuri libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi a tutti i soggetti che intendono proporre attività di orientamento e formazione professionale nell’ambito del territorio regionale, fermo restando che l'esercizio di tali attività è subordinato all'accreditamento delle sedi operative;”

Sembra tutto semplice, ma il realtà non lo è. E’ semplicemente l’inizio dei “guai” che ancora oggi stanno portando allo sbaraglio migliaia di famiglie siciliane che in tutti questi anni hanno vissuto con i proventi attribuiti agli enti che facevano formazione professionale “ordinaria”.

Termini come “consolidato”, o “enti storici”, “garanzia occupazionale”, che abbiamo sentito tante, tantissime volte, diventati negli ultimi 10 anni gli obiettivi della regione, parimenti diventano sempre più distanti da quei principi di libertà sottoscritti con la comunità europea.

Si possono fare tantissimi esempi ma mi limito di citare alcuni fra quelli riportati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, che cita la direttiva 2004/18/CE del parlamento Europeo e del consiglio del 31 marzo 2004, relativa al” coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi”, dove troviamo frasi come “Gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché la partecipazione di un offerente che è un organismo di diritto pubblico a una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico non causi distorsioni della concorrenza nei confronti di offerenti privati.” Oppure “Le specifiche tecniche fissate dai committenti pubblici dovrebbero permettere l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza.” La formazione siciliana adotta invece tutti i concetti diametralmente opposti a quanto ribadito anche nel documento della UE Europa 2020 “Attuando la politica di concorrenza, la Commissione farà in modo che il mercato unico rimanga un mercato aperto, assicurando anche in futuro pari opportunità alle imprese e lottando contro il protezionismo nazionale. Ma la politica di concorrenza darà un ulteriore contributo al conseguimento degli obiettivi di Europa 2020.” 

Ma vediamo quello che è successo in questi ultimi anni nella formazione professionale siciliana

Il 2006 è trascorso tranquillo, mentre nel 2007 la situazione comincia a diventare esplosiva e la regione cerca di limitare i danni, dando la minor pubblicità possibile, ad un operato che negli anni successivi si trasforma in una bomba ad orologeria che si sta amplificando sempre di più

Nel 2008 il Prof (Piano Regionale dell’Offerta Formativa), viene impugnato dal commissario dello stato, ma dalla politica arrivano le “garanzie di una corretta gestione”, per cui si trova la soluzione di ri-adottare il piano dell’anno precedente, a garanzia degli enti storici, e naturalmente di coloro che si avvantaggiano di questa situazione per un altro anno.

Nel 2009 non potendo più ripetere il giochetto dell’anno precedente, si inventa la linea 1 (enti storici) e la linea 2 (tutti gli altri enti), cosi come prevede il regolamento della comunità europea per poter usufruire dei finanziamenti( – avviso n.12 del 4/11/2009 – formazione permanente linea 2 P.O.R. FSE Sicilia 2007-2013 asse II occupabilità), per poter mettere di nuovo le mani illegittimamente sui finanziamenti della comunità europea. Naturalmente la linea 1 parte subito, finanziata dalla CE, mentre la linea 2, dopo aver svolto il suo ruolo, cioè buttare fumo negli occhi e permettere l’accesso ai finanziamenti CE alla linea 1, non avendo più motivo di “esistere” scompare e ad oggi ancora si aspetta l’avvio di quei pochi corsi entrati in graduatoria nella linea 2, ma volutamente poi accantonati. Anche un altro avviso, il n.8 del 29/05/2009: Programma operativo obbiettivo convergenza 2007-2013 FSE Asse II – Occupabilità, creato ad arte per calmare gli animi inquieti, ha svolto la sua parte in quel periodo, perché ha permesso di avere poche lamentele da parte di chi non era stato inserito in un “blindato” Prof 2009, naturalmente anche l’avviso n. 8, dopo aver svolto il ruolo di specchietto per le allodole, subito dopo è stato smontato ad arte. Stesso fine fanno anche 2 delle 4 linee dell’avviso “Infomare”, ( non si nono mai fatte neanche le graduatorie), mentre la linea 4 ha superato lo sbarramento di fuoco di tutti, chi sa perché.

Nel 2010: non potendo più ripetere i “trucchi” degli anni precedenti, con uno sforzo enorme, il Prof, viene finanziato con proventi regionali e non europei, ma anche nel 2010 sono state cercate tutte le scappatoie possibili per mettere le mani sui finanziamenti della CE, come per esempio le diarie degli allievi pagate con quei soldi ecc.

Nel 2011 si arriva perfino a mettere paletti per impedire l’ingresso di enti che diversamente avrebbero avuto diritto di partecipazione, a volte stravolgendo i criteri di selezione, per accaparrarsi per l’ennesima volta i finanziamenti europei e gestirli con modalità diametralmente opposte a quelle sottoscritte con l’Europa (libera concorrenza, trasparenza, qualità, ecc.).

In pratica la regione ha portato avanti negli ultimi anni un sistema protezionistico, con bandi e avvisi diversi, ma identici nel risultato di finanziare non i progetti, ma la platea di lavoratori della formazione. Le stesse dichiarazioni del Dott. Albert, che risultano dai verbali ufficiali della seduta della V commissione lavoro e formazione dell’ARS n.287 del 26.6.2012 dove “…… rileva che il suo mandato era quello di portare a compimento il bando…” (riporto la parte scritta nei verbali, naturalmente non tutta la dichiarazione espressa davanti alla commissione).

Questa gestione è una delle cause per la quale gli ispettori dell’OLAF, arrivano in Sicilia bocciando quasi tutto, mentre contemporaneamente partono le inchieste della magistratura che da anni aveva sotto osservazione queste attività

Ma non è possibile smontare dall’oggi al domani un carrozzone che negli anni, le varie amministrazioni, lontane dai riflettori e dalla trasparenza, hanno costruito, ora è diventato un problema impossibile gestire

Credo che la verità sia sotto gli occhi di tutti: La formazione professionale è ormai, da anni, in balia di lotte di spartizione e di interessi avallati di volta in volta da chi a turno viene chiamato a gestire i finanziamenti che la comunità europea manda in Sicilia, in una situazione ormai irrecuperabile.

Dopo la bocciatura da parte della comunità europea, unica possibilità di portare avanti la seconda ed eventualmente la terza annualità dell’Avviso 20, è quella di “lasciare” i finanziamenti esistenti della comunità europea (a patto di rispettarne i criteri di assegnazione) e trovare delle soluzioni alternative. Cosi con una serie di alchimie, quasi impossibili, con genialità si è trovata una soluzione praticabile per la seconda annualità, che però visto da un’angolazione diversa, ha penalizzato ancora di più i giovani siciliani, anche se è riuscita ad allontanare per un po’ la catastrofe annunciata.

Premesso che ogni volta che la comunità europea finanzia una attività da realizzare, questo finanziamento non è mai al 100%, ma una parte, pari al 20- 30% viene coperta dallo stato o dalle regioni destinatarie del finanziamento, così, nel piano finanziario che prevedeva la seconda annualità formativa, tenendo conto che nel bilancio dello stato erano stati accantonati sia i finanziamenti della comunità europea sia (la minor parte) quelli dello stato e della regione, consapevoli che quelli della comunità europea, anche se rappresentavano la parte più cospicua, era impossibile averli, si arriva alla la tremenda decisione: Si rinuncia alle somme che la comunità europea aveva stanziato per la formazione in Sicilia, si sposta invece la piccola percentuale dal bilancio dell’anno precedente a quello attuale, e con queste rimanenti somme si cerca di “accontentare” per quanto possibile gli enti formativi.

Due gli immediati risultati: Non esistono fondi europei per far partire una formazione di qualità, e pur gestendo tutto in economia, facendo tesoro delle cifre rimanenti, con la magistratura che ha cominciato a scoperchiare il vaso di pandora, siamo arrivati alla situazione di oggi che tutti conosciamo.

E il futuro?

Di certo non si possono gestire in questo modo le risorse della comunità europea, e non ci saranno in futuro somme accantonate da anni precedenti per poter essere utilizzati.

Unica soluzione è quella di un ritorno alla vecchia legge LR 24 del 6-03-1976 da dove tutto era partito, con finanziamenti regionali che di certo non è facile reperire.

Quindi la grande “cura dimagrante” ha come scopo di snellire le future spese della regione, riducendo al minimo le unità da soccorrere.

Da qui nasce l’idea di una mega struttura, che in futuro verrà finanziata con fondi regionali. Cioè è prevedibile un vero e proprio ritorno a quello che succedeva prima del 2003. 

Ma tutto questo sarà possibile?

D’altra parte è giusto che i sindacati cercano di tutelare i lavoratori, e anche l’assessorato recepisce questa situazione, ma le risorse disponibili per questa tipologia di attività, cosi predisposte, non esistono, a meno che non si vadano a creare ancora situazioni poco chiare. Non si possono utilizzare in piena trasparenza i fondi UE per ragioni di tutela dei lavoratori della formazione, giuste o sbagliate che siano, perché, semplicemente questi fondi hanno destinazioni diverse. Non si mette in dubbio la legittimità delle intenzioni, ma è illegittimo l’utilizzo di questi fondi che sono stanziati per attività diverse.

Esistono oggi, molti moltissimo fondi che li arrivano dalla comunità europea ma per usarli deve rispettare le regole della comunità che sono diverse da quelle che vuole la regione.

I due punti di vista sono inconciliabili. Impossibile una loro coesistenza, e passando il tempo le distanze si allungano ancora di più, creando ancora più disagio, perché la verità continua ad essere sempre nascosta

Ma non dimentichiamo che nel 201, cioè durante la prima annualità sono state pubblicate tre tipi di graduatorie, la prima di coloro a cui i progetti sono stati approvati e finanziati perché esisteva la disponibilità economica, la seconda di progetti approvati ma non entrati nel finanziamento per mancanza di liquidità e terza di progetti non approvati.

Ora la regione, anche utilizzando fondi propri, durante la seconda annualità, ha tolto “l’appalto” a diversi enti, convogliando tutti i progetti verso una mega struttura che è quella di Priolo, ma, secondo me, si pone una domanda legittima e cioè, questo “dirottamento” rientra nella legittimità oppure essendo sempre delle graduatorie, approvate nella prima annualità, esse dovevano scorrere assegnando agli enti che avevano presentato progetti approvati ma non finanziati per mancanza di fondi, la possibilità di essere a loro volta inseriti nel finanziamento? Restando sempre in tema di formazione, ad esempio, all’allievo che si ritira da un corso subentra il primo in graduatoria (fra coloro che hanno superato la selezione) e non si inserisce un soggetto che non ha partecipato alla selezione, così mi chiedo, come è possibile che si revocano i finanziamenti ad alcuni enti e al loro posto subentra un altro ente, che non ha partecipato al bando né ha presentato quei progetti, e non è in graduatoria?

Certo, la situazione è gravissima, ma non è colpa dell’attuale amministrazione, perché non si può addossarle la responsabilità di tutto quello che le amministrazioni precedenti hanno “combinato”.

Non è colpa degli enti che si trovano a gestire una situazione che è più grande di loro, perché devono garantire i lavoratori anche quando i corsi non sono attivi, come se fossero dipendenti di una pubblica amministrazione. Ma non lo sono, perché sono semplicemente dei privarti assunti da un ente privato.

Certo non è colpa dei sindacati che cercano di tutelare e salvare il salvabile, ma in tutti questi anni perché non sono intervenuti?

Tutti sapevano..

Ora si stanno cercando nuove soluzioni, ma perché solo ora? Cosa si è fatto in tutti questi anni, quando si poteva intervenire senza creare la situazione drammatica di oggi.

E siamo solo all'inizio….

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giovedì 5 giugno 2014

Incontro a Palermo sul DDL 698 presso la libreria nautica "UN MARE DI LIBRI"

di Manos Kouvakis

Prosegue l’iter del DDL 698 all'interno della Commissione V, prima di approdare in aula per la votazione finale, nella speranza che possa risolvere un problema che emargina gli italiani da più di 35 anni.

In attesa degli ultimi sviluppi del DDL 698, si apre il ciclo di una serie di incontri, manifestazioni e convegni per la divulgazione delle motivazioni che hanno portato alla sua stesura, che modificherà tutto il settore della subacquea industriale con ripercussioni a livello regionale, nazionale e internazionale. 

Il primo incontro, per un dibattito sull'argomento, è stato programmato per sabato 28 giugno 2014 ore 18:30 presso la libreria nautica "UN MARE DI LIBRI" di Via Francesco Crispi, 88 - 90139 PALERMO (PA) tel.: 091325234 - www.unmaredilibri.com



Il dibattito si articolerà sui seguenti argomenti:
- legislazione italiana nella subacquea industriale negli ultimi 30 anni;
- proposte legislative presentate in Parlamento, le Ordinanze delle Capitanerie di Porto;
- la normativa UNI 11366;
- le tre tipologie di standard internazionali: formativi ISDA, operativi IMCA, sicurezza HSE;
- importanza del DDL 698 sul piano internazionale;
- importanza di un registro regionale aperto a tutti gli italiani ed ai cittadini della comunità europea.


Il DDL 698 "Norme per il riconoscimento della professione e disciplina dei contenuti formativi per l’esercizio delle attività della subacquea industriale", si può leggere integralmente su questo link: http://www.cedifop.it/CORSI_2014/DDL_698.htm

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domenica 1 giugno 2014

Attività e tempi realizzati dagli allievi del primo corso 2014 per OTS del CEDIFOP

di Manos Kouvakis

Questi sono i tempi realizzati dagli allievi del corso per OTS del CEDIFOP, n.07/PA/2013, alla chiusura delle attività corsuali. Tutti i tempi sono registrati e certificati nel diario personale di ciascun allievo.

Attività in acqua:
• numero di immersioni 561 di cui in SCUBA 266 e in SURFACE 308
• minuti in immersione totali: 18.073
• scuba da 0-19 metri - minuti: 8.333
• scuba da 20 - 30 metri - minuti: 2.039
• SSDE da 0-19 metri - minuti: 6.790
• SSDE da 20-30 metri - minuti: 356

Attività in superficie:
o minuti di attività in superficie totali: 24.505
o gestione del pannello per la comunicazione - minuti: 8.260
o gestione dell'ombelicale - minuti: 11.396
o assistenza alla vestizione - minuti: 4.450
o stand-by - minuti: 439


I suddetti tempi sono stati realizzati dal collettivo degli allievi che frequentano il corso per OTS (livello base) del CEDIFOP, che prevede l’apprendimento delle tecniche di immersione, in "SCUBA e SURFACE", dalla superficie e le procedure standard per la gestione in sicurezza di un cantiere subacqueo, secondo gli standard della didattica IDSA (International Diving Schools Association) con l’applicazione degli aggiornamenti dei programmi validati durante il meeting n. 30, di Seattle (USA) dell’agosto 2012, che aggiorna gli standard della revisione 4 del meeting di Palermo del 2009 (INTERNATIONAL DIVER TRAINING CERTIFICATION DIVER TRAINING STANDARDS Revision 4 - October 2009). Il percorso didattico ha il riconoscimento dell'HSE (Healt e Safety Esecutive) per il livello di “SCUBA e SURFACE”: 


Cedifop applica la didattica internazionale IDSA di cui è Full Member, una delle 17 scuole riconosciute al mondo, di cui 14 in Europa, unica in Italia, mentre come membro IMCA per la divisione Diving per Europa ed Africa, è autorizzata dall'IMCA ad affermare che i corsi del CEDIFOP sono in linea con i documenti guida dell’IMCA (Course content is in line with guidance document IMCA) D 015 (Mobile/Portable Surface Supplied System), IMCA D 023 (Diving Equipment Systems Inspection Guidance Note for Surface Orientated Diving System-Air), cosi come è richiesto, anche, nel documento dell’ENI SpA del 5 Agosto 2013 “Requisiti HSE per i fornitori di lavori subacquei”.



Va sottolineato che, per gestire con professionalità e sicurezza e in modo ottimale le attività subacquee al servizio dell’industria nei cantieri sia inshore che offshore, devono coesistere contemporaneamente le tre fondamentali tipologie di standard internazionali e cioè: standard formativi (IDSA), standard operativi (IMCA) e standard di sicurezza (HSE), standard che sono da anni alla base dei percorsi formativi del CEDIFOP.

sabato 31 maggio 2014

Esami finali del primo corso per OTS del 2014 realizzato dal CEDIFOP

di Manos Kouvakis

Per gli allievi del centro studi Cedifop è tempo di esami. Dopo 3 mesi di corso, articolato in un totale di 480 ore, suddivise in 228 ore di pratica, 198 di teoria e 54 di stage, i 17 giovani, arrivati non solo dalla Sicilia, ma anche da Abruzzo, Lazio, Puglia, Toscana, Veneto e dall’estero (Argentina), sono stati impegnati in una “due giorni” durante la quale, valutati dalla Commissione Esaminatrice nominata dall’Assessorato Regionale della Formazione Professionale, hanno mostrato quanto appreso in questi tre mesi per ottenere la qualifica di Operatore Tecnico Subacqueo, ultima prova che, una volta superata, consente loro di conseguire l’attestato valido per l’iscrizione al Registro Sommozzatori del Ministero dei Trasporti presso una Capitaneria di Porto sul territorio nazionale, in tal modo otterranno il libretto di ricognizione, che li abilita all’esercizio dell’attività professionale di OTS.


La prova d'esame si è svolta presso la piscina Hydra di Villabate. Gli allievi hanno realizzato due postazioni. Controllata la funzionalità dell'attrezzatura standard (Pannello di controllo, caschi Kirby-Morgan, ombelicali), ciascuno di loro ha eseguito un’immersione. Un’ attenzione notevole è stata dedicata alle verifiche di sicurezza dei dispositivi; è fondamentale che gli allievi si abituino a considerarlo momento essenziale della loro professione.



La subacquea industriale - settore occupazionale di riferimento per gli OTS - ha avuto uno sviluppo notevole negli ultimi anni, legato tra l’altro alla crescita del mercato petrolifero e al conseguente incremento delle installazioni di piattaforme in varie parti del mondo.


Il controllo specifico di ogni passo che precede l'immersione è parte decisiva nella formazione dell'OTS, istruito in tal senso durante il corso sia attraverso gli insegnamenti degli istruttori, sia con l'utilizzo di Check List, protocollo ideato nel quadro dello svolgimento di un lavoro o di una esercitazione, che punto per punto indica le operazioni di controllo da svolgere, ognuna delle quali da espletare prima di passare alla successiva. A dimostrazione della rilevanza di questa fase, nel progetto di adeguamento normativo in materia di subacquea - tra i cui promotori vi è il CEDIFOP - il capitolo della sicurezza e della tutela della salute è considerato prioritario.



A differenza di quanto si potrebbe immaginare, la capacità di utilizzare queste procedure è tutt'altro che ovvia. Come ricordato dagli istruttori, è stato necessario sottolineare che l'OTS, con in dotazione una videocamera, deve innanzitutto acquisire l'abilità di gestire la posizione dello strumento in riferimento alla visuale dell'operatore in superficie, che osserva le immagini sullo schermo e, in caso ad esempio di un lavoro di saldatura o taglio, impartisce comandi. Al termine della prova pratica è seguito il colloquio per ciascuno degli allievi innanzi la commissione esaminatrice costituita da un funzionario dell'Assessorato Regionale al Lavoro, un ufficiale nominato dalla Capitaneria di Porto di Palermo e due docenti del CEDIFOP. L'esame è stato superato da tutti gli allievi. C'è da precisare che alcuni di loro avevano già esperienza pregressa in altri rami della subacquea. Adesso per loro inizia una nuova “avventura” nel mondo del lavoro.

sabato 10 maggio 2014

Audit IDSA al CEDIFOP. Qualità internazionale negli standard formativi

Dal 6 al 7 maggio 2014 il CEDIFOP ha sostenuto l'audit per il mantenimento dello status di "Full Member" IDSA (International Diving Schools Association) già attivo dal 2009. A condurre l’audit sono arrivati a Palermo il Presidente dell’IDSA, l’olandese Leo Lagarde e l’amministratore dell’IDSA, l’inglese Alan Bax. 

Compito dell’ International Diving Schools Association (IDSA), costituita nel 1982, che rappresenta l’unica didattica a livello internazionale nel settore della subacquea industriale, è quello fornire gli standard formativi nei percorsi didattici del settore. Essa ha già stabilito norme per l’addestramento subacqueo nella subacquea industriale sulla base del consenso dei suoi molti membri. Le norme forniscono sia un criterio per i formatori, sia per la definizione di norme nazionali esistenti o per crearne di nuove, e una guida per i “contractors” internazionali. 



L’obiettivo principale dell'introduzione di tali standard formativi, concordati a livello internazionale, è di migliorare la sicurezza, fornire ai “Contractors” un ingresso diretto al Diver Training Syllabus superando i confini nazionali e migliorare la qualità dei Diver fornendo loro una maggiore opportunità di lavoro. Ad oggi, diversi governi hanno impostato i propri regolamenti nazionali di formazione applicando gli standard formativi proposti dall’IDSA, perché il programma IDSA fornisce una serie di “National Standards” mantenendo anche una “Table of Equivalence” con norme specialistiche attualmente in fase di continuo sviluppo.

Oggi sono 17 le scuole full member IDSA per la Formazione dei Diver. Solo queste scuole sono autorizzate a rilasciare le “Diver Training Qualification Cards”, perché controllate dall’IDSA con periodici audit sulla validità dei percorsi formativi offerti. Le scuole sono così distribuite, Asia (2 : India e Singapore) USA (1) ed Europa (14 : Belgio (2), Danimarca, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia (2) e U.K. (2))

Il gruppo internazionale IDSA è inoltre arricchito dalla presenza di una serie di organizzazioni internazionali, in qualità di membri Associati, Affiliati, Industriali e reciproci, che non possono rilasciare certificazioni, ma che possono partecipare alle attività dell’IDSA durante i meeting annuali, arricchendoli con la loro esperienza. 

Esse sono: 

· 33 organizzazioni, come Membri Associati, provenienti da Austria, Bulgaria, Denmark, Egypt (5) France (2), Hungary, India, Iran (2), Israel, Italy (2), Kuwait, Montenegro, Morocco, Nigeria, Russia (2), Spain (2), Switzerland, Trinidad, U.AE (2), UK e USA (3);

· 13 organizzazioni, come Membri Affiliati, provenienti da Francia, Italia, Lettonia, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Serbia, Svizzera, UK (4) e USA

· 8 organizzazioni, come Membri Industriali, provenienti da Italia (3), Malta, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e UK, e 

· 4 organizzazioni di reciproco riconoscimento, provenienti da Russia (Alliance of Diving Schools ), UK (ADC - Association of Diving Contractors) e due in USA (ACDE - Association of Commercial Diving Educators e ADCI - The Association of Diving Contractors International)

Nella giornata del 7 maggio è stato gradito ospite del Cedifop, anche, il Dott. Daniele Fano che si occupa principalmente di politiche attive del lavoro. Fino al mese di febbraio 2014 è stato Capo della Segreteria Tecnica del Ministro del Lavoro, dove si è occupato principalmente di sviluppare modi ed attività per combattere la disoccupazione, in particolare quella giovanile (programma Youth Guarantee - Garanzia per i Giovani: Piano italiano per l'occupabilità avviato nel 2014).Ultimamente ha definito, come coordinamento scientifico, il Rapporto Tecnico sul Programma “Garanzia per i Giovani” 2014-2020, che riflette l’attività di supporto alla Struttura di Missione, istituita presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS) con il D.L. 76/2013, realizzato con il coordinamento della Segreteria Tecnica del Ministro, del MLPS, il Dipartimento della Gioventù e del servizio civile della Presidenza del Consiglio, ed altri. 

La sua visita ha avuto l’obbiettivo di conoscere in prima persona il meccanismo con il quale vengono svolte le attività di formazione professionale del CEDIFOP, le tecniche di insegnamento e procedure specifiche durante le esercitazioni pratiche, con l’applicazione degli standard internazionali, per questa categoria di corsi. Ma anche, partecipare in qualità di osservatore, ad uno degli audit internazionali a cui CEDIFOP si sottopone periodicamente, istituiti dalle varie organizzazioni del settore, che certificano la qualità dei percorsi formativi svolti.

giovedì 8 maggio 2014

A proposito del DDL 698 (definizione della professione dei ‘commercial diver’)

L’on. Totò Lentini, Vicepresidente della Commissione Attività Produttive all’ARS, ha incontrato oggi a Palazzo dei Normanni il dott. Alan Bax ed il dott.Leo Lagarde, rispettivamente Amministratore e Presidente dell’IDSA (International Diving Schools Association), organizzazione che raggruppa a livello mondiale le scuole di formazione per la subacquea industriale, definendo gli standard della didattica universalmente accettati.

Oggetto dell’incontro è stato, fra l’altro, l’iter del disegno di legge n.698, di cui lo stesso on.Lentini è proponente e primo firmatario, che riscontra un grande interesse da parte dei rappresentanti IDSA: il testo, laddove approvato, rappresenterà il primo ed unico riferimento normativo per le professioni della subacquea industriale, mancando a livello statale quella disciplina che esiste in altri paesi UE.

Proprio l’assenza di una cornice legislativa sta determinando gravi difficoltà per i giovani italiani e siciliani che intendono intraprendere l’attività di ‘commercial diver’, che non possono vedere riconosciuta a livello internazionale la formazione e l’esperienza acquisita in un settore che assicura importanti opportunità occupazionali ed è strategico per una Regione insulare e con rilevanti strutture industriali (porti e petrolchimici).

All’incontro ha preso parte anche il dott. Daniele Fano, esperto di politiche attive del Lavoro e già Capo della Segreteria Tecnica del Ministero, che ha seguito per l’Italia, anche in sede comunitaria, la predisposizione e l’implementazione del progetto “Garanzia Giovani”.

Proprio in riferimento a tale progetto si è rilevato come la formazione dei ‘commercial divers’ rientri perfettamente fra le azioni strategiche e meritevoli di un sostegno pubblico su cui puntare per realizzare percorsi che assicurino concrete opportunità di occupazione e reddito, che potranno attirare (e già attirano) in Sicilia centinaia di giovani da altre Regioni ed altri paesi dell’area euro-mediterranea.

domenica 4 maggio 2014

CEDIFOP membro IMCA nella divisione Diving per Europa & Africa

Dopo il completamento dell’audit IMCA per il rinnovo, triennio 2014-2017, della certificazione IMCA per i corsi DMT e DMR approvata sin dal 2011,  sono stati consolidati ulteriormente i rapporti IMCA-CEDIFOP con l'approvazione del CEDIFOP come Membro IMCA, con diritto di voto nelle assemblee IMCA, nella divisione Diving di Europa & Africa, come “Training Establishment (S*) based in the Europe & Africa Section working in the Diving Division as a diver training provider based in Italy”. 


I corsi del CEDIFOP seguono la didattica internazionale IDSA di cui CEDIFOP è Full Member, una delle 17 scuole riconosciute al mondo, di cui 14 in Europa, unica in Italia, mentre lo stato di membro IMCA ci autorizza all’affermazione che i corsi del CEDIFOP sono in linea con i documenti guida dell’IMCA (Course content is in line with guidance document IMCA) D 015 (Mobile/Portable Surface Supplied System), IMCA D 023 (Diving Equipment Systems Inspection Guidance Note for Surface Orientated Diving System-Air), cosi come è richiesto, anche, nel documento dell’ENI spa del 5/Agosto/2013 “Requisiti HSE per i fornitori di lavori subacquei”. 

Va sottolineato che, per gestire con professionalità e sicurezza e in modo ottimale le attività subacquee al servizio dell’industria nei cantieri sia inshore che offshore, devono coesistere contemporaneamente le tre fondamentali tipologie di standard internazionali e cioè: standard formativi (IDSA), standard operativi (IMCA) e standard di sicurezza (HSE), standard che sono da anni alla base dei percorsi formativi del CEDIFOP


certificazione 2014 di membro IMCA valida fino a 01/02/2015

certificazione 2014 di scuola IMCA per i corsi DMT e DMR valida fino a 25/01/2017

mercoledì 26 marzo 2014

Le presenze del CEDIFOP nella commissione sicurezza dell'UNI

Aumenta ancora la visibilità del CEDIFOP nel 2014 con l'inserimento di 3 rappresentati nella commissione sicurezza dell'UNI. Oltre al direttore del CEDIFOP Manos Kouvakis, che partecipa alla commissione sicurezza - organo tecnico: GL "Sicurezza nelle attività subacquee ed iperbariche industriali", dal 2011, si sono aggiunti anche l'ingegnere Napoli Ivan in commissione sicurezza - organo tecnico:GL "Metodi e sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro" e il chief instructor del CEDIFOP Francesco Costantino commissione sicurezza - organo tecnico: GL "Dispositivi di protezione delle vie respiratorie"        


Sicurezza esercizio attività pesca corallo, analisi contesto e situazione normativa

La scrivente associazione A.I.S.C. ( associazione Italiana Sommozzatori Corallari), si è costituita con lo scopo di promuovere e migliorare la qualità del lavoro, la massima sicurezza operativa e la salute degli operatori.

Rappresenta un gruppo di pescatori professionisti dediti alla pesca del corallo rosso, principalmente in Sardegna.

L'obiettivo di questo documento è di condividere con le Autorità preposte, i componenti dei Comitati Tecnici e i legislatori di riferimento, le problematiche inerenti l'attività di pesca professionale del corallo, al fine di sensibilizzare ad una repentina soluzione del gap normativo che attualmente non tutela l'incolumità degli operatori.

La pesca subacquea professionale è consentita esclusivamente a coloro che sono in possesso della specializzazione di pescatore subacqueo.(DPR 2 ottobre 1968, n.1639 e ss.mm.ii. Sezione III Art.128)

Le norme sulla pesca del corallo, disciplinate nel Decreto della Regione Sardegna per l'anno 2013 ( http://www.regione.sardegna.it/documenti/1_22_20130424133019.pdf ), all'Art.1 recitano che: paragrafo a) l’attività di pesca può essere esercitata unicamente dai pescatori titolari dell’autorizzazione regionale, nel rispetto della normativa vigente sulla sicurezza, equipaggiati con apparecchi individuali autonomi o no per la respirazione subacquea, esclusivamente mediante l’uso della piccozza. paragrafo c) omissis..le unità di appoggio devono essere attrezzate con tutte le dotazioni di bordo necessarie a garantire la sicurezza dei pescatori di corallo, così come appositamente certificato dal piano di sicurezza sul lavoro approvato e vidimato dall’autorità competente, tale documentazione (licenza/attestazione provvisoria di pesca ministeriale e piano di sicurezza dell’imbarcazione) deve essere presentata unitamente alla richiesta di autorizzazione.

Non viene specificato esplicitamente quali debbano essere le dotazioni necessarie per il corretto svolgimento dell'attività, inoltre la Regione Sardegna nel decretare richiede il "Piano di Sicurezza" previsto dal D.Lgs 271 del 27.07.1999, che sarebbe valido solo per le attività svolte "a bordo" dell'imbarcazione appoggio ( come si desume dalla recente consultazione avuta con il Ministero della Salute e indicata nel penultimo paragrafo di questo documento).

Non si evince inoltre quale sia l'autorità competente alla vidimazione.

Viene altresì considerato nel predetto Decreto Regionale che: la normativa vigente attualmente non prevede il riconoscimento di uno specifico titolo abilitativo che qualifichi gli operatori e che tale attività, particolarmente complessa e difficoltosa anche per le elevate profondità alla quale viene svolta (oltre gli 80m), sottopone gli operatori a notevoli rischi.

L'attività consiste in immersioni eseguite in "libera", a quote variabili tra i -100m e -140m, senza alcun contatto con l'imbarcazione appoggio, senza alcuna possibilità di recupero in caso di incidente o malore, senza alcun titolo abilitativo professionale e con l'ausilio di personale di bordo, anch'esso senza alcun titolo professionale per fornire assistenza adeguata a subacquei in immersioni eseguite al limite delle umane possibilità.

Il luogo di lavoro, dal momento che ci si immerge dall'imbarcazione appoggio e per tutta la durata dell'immersione, diventa ambiente iperbarico, quindi le condizioni minime di sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee e iperbariche professionali devono essere messe in atto e sottoposte a specifiche verifiche dal Capo del Compartimento Marittimo, dall'ente che rilascia l'autorizzazione e dal Medico

Competente, anche per la categoria dei pescatori di corallo.

Sanzioni anche di carattere penale sono previste a carico di chi non compie le dovute verifiche e controlli previsti dal D.Lgs. 81/2008

La pesca del corallo, essendo un'attività subacquea professionale, rientra nell'elenco dei lavori comportanti rischi particolari per la sicurezza e la salute dei lavoratori, con attinenza a tre attività su dieci elencate nel Testo Unico sulla Sicurezza all'allegato11. del D.lgs. 9 aprile 2008, n.81: Associazione Italiana Sommozzatori Corallari

1) Lavori che espongono ad un rischio di annegamento
2) Lavori subacquei con respiratori
3) Lavori subacquei in cassoni ad aria compressa

Non esistendo una specifica disciplina inerente disposizioni antinfortunistiche dell'attività di “sommozzatori corallari”, occorre rimandare al D.Lgs. 81/2008, in particolare alle disposizioni generali riguardante i compiti del Medico Competente finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa ricordando che sia i lavoratori dipendenti che autonomi della attività in oggetto, sono considerati "lavoratori esposti"( paragrafo d Art.69-capo I- Titolo III) in zona "pericolosa" ( paragrafo c) e soggiacciono all'obbligo di munirsi e utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III. I DPI ( dispositivi di protezione individuale) devono essere impiegati ( Art.75 obbligo di uso) quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione.

Per DPI si intende qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.

Nel Decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 9 dicembre, n. 289 Attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1989, in materia di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di protezione individuale), all'Articolo 4 i DPI sono suddivisi in tre categorie, rientrano esclusivamente nella terza categoria i DPI di progettazione complessa destinati a salvaguardare da rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente.

All'allegato II - (Requisiti essenziali di salute e di sicurezza), e al paragrafo 3.11. sono indicati i dispositivi di sicurezza delle attrezzature per l'immersione:

1) Apparecchio respiratorio

L'apparecchio respiratorio deve consentire di alimentare l'utilizzatore con una miscela gassosa respirabile, nelle condizioni prevedibili d'impiego e tenuto conto, segnatamente, della profondità massima di immersione.

2) Qualora le condizioni prevedibili d'impiego lo richiedano, i dispositivi devono comprendere:

a) una tuta che assicuri la protezione dell'utilizzatore contro la pressione dovuta alla profondità di immersione (vedi punto 3.2) e/o contro il freddo (vedi punto 3.7);

b) un dispositivo d'allarme destinato ad avvertire in tempo utile l'utilizzatore della mancanza di ulteriore alimentazione della miscela gassosa respirabile (vedi punto 2.8);

c) una tuta di salvataggio che consenta all'utilizzatore di risalire in superficie (vedi punto 3.4.1).

Il livello minimo di sicurezza applicabile al settore della pesca del corallo, non può che fare riferimento alle linee guida UNI 11366, approvate dal nostro ordinamento legislativo inerente alla sicurezza sul lavoro ( art.16, comma 2, D.L. 24/1/2012, n.1)

Tali norme tecniche, (a cui si rimanda l'articolo sulla sicurezza nelle attività iperbariche: https://www.uni.com/index.php?option=com_content&view=article&id=510&Itemid=1489), pur se concernenti le attività subacquee al servizio dell'industria, possono fornire riferimenti certi e condivisi in aree prive di riferimenti ufficiali, facendo chiarezza e dando spazio ai diritti e ai doveri, a garanzia di tutti.

In tale norma tecnica viene prevista tutta una serie di misure preventive di tutela dell'operatore, che per diretta analogia e prossimità, possono essere applicate anche nel settore della pesca subacquea professionale del corallo assolvendo in tal modo gli obblighi di legge del D.Lgs 81/2008 ( adottare tutte le migliori tecnologie per la salvaguardia e incolumità del lavoratore).

Il D.M.20 ottobre 1986 ( in Gazz. Uff., 2 dicembre, n. 280 - Disciplina della pesca subacquea professionale), stabilisce all'art.3 che il Capo del Compartimento Marittimo deve accertare la rispondenza degli equipaggiamenti tecnici individuali alle norme vigenti; non a caso molte Capitanerie Italiane hanno recepito, da almeno due anni, l'esigenza di emanare ordinanze applicando rigide regole per i lavori subacquei anche solo a -12m, obbligando per immersioni oltre i -50m l'uso di impianti per alto fondale, campane, camere di decompressione e personale medico specializzato sul posto.

Occorre inoltre rimandare alle norme civilistiche dettate dall'art.2087c.c. che offre innumerevoli indicazioni e alla Costituzione della Repubblica Italiana che sancisce principi fondamentali e inderogabili a tutela della salute e sicurezza del lavoro, in tutte le sue forme e applicazioni come diritto dell'individuo sia lavoratore autonomo che dipendente.

Il giorno 15 gennaio 2014 è stato divulgato un documento del SIMSI ( Società Italiana di Medicina Subacquea ed Iperbarica) indirizzato al Ministero della Salute, al Ministero del Lavoro, al Ministero delle Politiche Agricole, con un parere riguardo la sicurezza dei lavoratori subacquei della pesca del corallo. ( link: http://www.simsi.org/SIMSIpescadelcorallo.pdf )

In occasione di un recente workshop indetto dal GFCM, organismo della FAO (http://www.gfcm.org/gfcm/ en) a Bruxelles, la nostra associazione ha presentato una relazione dal titolo: The opportunity of using the ROV for better management of Corallium rubrum and for the safety of workers (https://gfcmsitestorage.blob.core.windows.net/documents/SAC/SCMEE/2014/MgmtPlanRedCoral/Ciliberto_et_al_2014.pdf) e ulteriore presentazione PPT qui in formato pdf:  (https://gfcmsitestorage.blob.core.windows.net/documents/SAC/SCMEE/2014/MgmtPlanRedCoral/PPT/Ciliberto_et_al.pdf), nello spirito di massima attenzione alla salvaguardia della risorsa garantendo una raccolta sostenibile ed estremamente selettiva, perseguendo lo sviluppo tecnologico, consentendo la salvaguardia della vita nello svolgimento di una attività svolta sinora ai limiti delle umane possibilità.

L'adozione di tale tecnologia, è prevista nelle raccomandazioni del GFCM a tutti gli Stati Membri e quindi vincolante, finalizzata alla raccolta sperimentale del corallo sotto osservazione scientifica, sino a entro e non oltre la fine del 2015.

Tale attività sarebbe inoltre compatibile con quanto dispone l'Art.18, comma 1 lettera z del D.Lgs 81/08: aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione

La Direttrice dello Spresal di Sassari Dott.ssa Teresa Marras, a seguito nostra denuncia di grave rischio salute e sicurezza degli operatori del settore, presentata in data 2/05/2013, risponde che: si ritiene fondamentale che gli addetti a tale attività la svolgano nel rispetto di quelle che sono le disposizioni regionali.

Il Ministero della Salute, consultato in data 22/11/2013 per le sopracitate problematiche, ha risposto via mail in data 27/11/2013 tramite il direttore dell'Uff.II ( Salute e sicurezza sul lavoro ) Dott. G.Marano, affermando che: tale attività risulta fuori dal campo di applicazione del decreto 271, in quanto non svolta a bordo.

In considerazione di tutto ciò sopra esposto, dieci pescatori subacquei corallari professionisti, soci della scrivente associazione, consapevoli delle sanzioni penali previste in caso di dichiarazioni non veritiere ai sensi dell'articolo 76 del DPR 445 del 28 dicembre 2000 e ss.mm.ii., non hanno potuto completare la domanda di autorizzazione per l'anno 2013, poiché non ritenendosi in regola con l'Art.1 comma C del Decreto Regionale N. 585/DECA/27 DEL 24.04.2013

Il Presidente pro tempore                                                      Alghero 11 Marzo 2014
Massimo Ciliberto

lunedì 24 marzo 2014

AUDIT IMCA AL CEDIFOP

Si è concluso in modo più che soddisfacente l'audit dell'IMCA al CEDIFOP. Uno degli argomenti importanti dei quali si è discusso, è il DDL 698, ma anche una serie di utilissime "dritte" e consigli per aumentare il prestigio internazionale del CEDIFOP.


domenica 16 marzo 2014

Concetti e limiti delle proposte legislative sulla subacquea industriale negli ultimi decenni in Italia


Tre Decreti Ministeriali, ben tredici proposte presentate al parlamento nazionale durante varie legislature, dal 1997 ad oggi, con 2 proposte legislative durante questo governo, una sentenza del TARdel Lazio, diverse ordinanze da alcune Capitanerie di Porto, due delibere di giunta regionale, la norma UNI 11366. Ecco tutto quello che abbiamo creato in termini di legislazione nel settore della subacquea industriale in Italia. Tutto troppo datato e troppo povero, in termini di qualità e contenuti per permettere la soluzione di alcuni problemi che da anni penalizzano i Divers italiani.

La ricerca, spesso, di facili riconoscimenti, quando principalmente è la carta e non i contenuti a fare testo, specialmente se si possono ottenere senza eccessivi sforzi, ha creato negli anni la fama negativa dei titoli italiani, anche di quelli che nulla hanno da temere se confrontati con le migliori certificazioni in ambito internazionale.

In tutto questo regna una grande grandissima confusione, anche fra gli stessi adetti ai lavori, che spesso senza idee chiare corrono dietro alla novità del momento, sperando di trovare il santo Graal della subacquea.

Cosi abbiamo visto negli anni, corsi per OTS realizzati con standard della subacquea sportiva ricreativa (ancora oggi nella maggioranza dei percorsi formativi), oppure senza mandare gli allievi in acqua (una scuola di Roma), o tentativi di imitare un “presunto” titolo da OTS con attività in 2 week end o in pochi giorni, sotto la copertura di brevetti e non di attestati di qualifica professionale, cercando di “ingannare” sia i partecipanti ai corsi che le autorità; ma anche spesso iscrizioni non in regola o in registri di “comodo” che permettono poi agli iscritti di operare in modo non corretto, ma possibile per la mancanza di controlli da parte delle autorità (registro palombari, per coloro che poi si immergono con attrezzature sportive e non con attrezzature da palombaro) hanno portato ad una situazione in cui chi paga il conto è semplicemente l’intero gruppo dei Divers italiani.



Ma cose è l’OTS?

Secondo la legislazione vigente Italiana l’OTS è un “operaio specializzato” che rientra nella categoria dei metalmeccanici (qualifica ISTAT/ISFOL – categoria 6.2 Artigiani ed operai metalmeccanici specializzati ed assimilati - DM 13/01/1979 – DM 31/03/1981 - DM 02/02/1982), iscritto al Registro Sommozzatori del Ministero dei Trasporti presso una Capitaneria di Porto sul territorio nazionale, per il rilascio del Libretto di Ricognizione. L’unico titolo valido, per l’iscrizione a questo registro, è il titolo di “Operatore Tecnico Subacqueo” (OTS - DM 02.02.1982), con il rilascio di un attestato conseguito al termine di corsi di formazione professionale effettuati secondo le modalità previste dall'art. 5 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e dalle relative leggi regionali di attuazione. L’OTS è abilitato a operare in “servizio locale”, entro l'ambito del porto presso il cui ufficio è iscritto e può esercitare temporaneamente anche in altri porti, previa autocertificazione della sua iscrizione in un registro sommozzatori presentata alle autorità marittime del porto nel quale intende operare e tempestiva comunicazione di tale intendimento all’autorità del porto d’iscrizione .

Al di fuori di queste aree e cioè nelle acque interne (fiumi, laghi, pozzi, ecc.), in inshore o in offshore ad oggi non esiste una legge nazionale o regionale che stabilisca competenze di qualità nei criteri formativi (IDSA), operativi (IMCA) e di sicurezza (HSE).

E’ emblematico il documento che la Capitaneria di Porto di Livorno ha emesso, in risposta ad un gruppo di OTS, regolarmente iscritti presso diverse capitanerie di porto, che lamentavano di restare fuori dalla possibilità di essere assunti per i lavori sommozzatorii della Costa Concordia, mentre venivano assunti coloro che non erano iscritti presso le capitanerie di porto dalla ditta appaltatrice. Ecco una estrapolazione dalla risposta della Capitaneria di Porto di Livorno: “(…)Al riguardo, si rappresenta, come d’altronde emerge dalla lettura della nota in riferimento, che la normativa citata, cioè il decreto ministeriale 13 gennaio 1979, si applica ai sommozzatori che esercitano l’attività all’interno dei porti. Come è noto, il relitto della nave Costa Concordia” giace, invece, al di fuori dell’ambito portuale dell’Isola del Giglio, (…) ”



Diversi incidenti, spesso anche mortali, hanno indotto negli anni (a partire dal 1992) diverse Capitanerie di Porto in Italia, ad emettere ordinanze proprie, per estendere fuori dal porto, quindi a tutte le acque di loro competenza, la validità dei DM nazionali, tentativo che sottolinea la “sofferenza” per la mancata legislazione del settore, che però ha creato in alcuni casi ancora più problemi, penalizzando le piccole imprese operanti in quelle aree a vantaggio delle imprese che operano a qualche chilometro di distanza, presso la capitaneria accanto, dove non ci sono vincoli e procedure esplicite, come quelle contenute in tali ordinanze.

Si è provato negli anni a presentare in parlamento ben 13 proposte, dal 1997 ad oggi, con ben 2 proposte presentate durante la legislatura attuale, il Disegno di Legge n. 320 presentato il 26 Marzo 2013 al Senato dal Senatore Aldo Di Biagio e il Disegno di Legge n. 807 presentato il 18 aprile 2013 alla Camera, dall’On. Mario Caruso, ma in tal senso esprimo la mia perplessità sulla riuscita, tenendo conto dei tempi ma anche dei contenuti, visto che riportano problemi non risolti da disegni di legge presentati durante le legislature precedenti.

Inoltre le due proposte di legge presentano un vuoto tematico non trattando in modo efficace la parte riguardante la formazione degli operatori.

La normativa UNI 11366 del 2010, alla quale ha fatto riferimento il presidente Monti nel Decreto Sviluppo del 2012 - articolo 21 – (Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, in materia di promozione degli investimenti offshore) - comma 3 "Le attività di cui all’articolo 53 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1979, n.886, sono svolte secondo le norme vigenti, le regole di buona tecnica di cui alla norma UNI 11366". Questo passaggio fa riferimento al D.P.R. (Decreto del Presidente della Repubblica) 24 maggio 1979, n. 886 "Integrazione ed adeguamento delle norme di polizia delle miniere e delle cave, contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1959, n. 128, al fine di regolare le attività di prospezione, di ricerca e di coltivazione degli Idrocarburi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale” (GU n.114 del 26-4-1980 - Suppl. Ordinario), dove leggiamo al Capo VII “Impiego di Operatori Subacquei” Art. 53. Prescrizioni generali "Le prestazioni lavorative in immersione per il posizionamento della piattaforma, per l'ispezione e la manutenzione delle attrezzature sommerse o per lavori assimilabili, devono essere effettuate solamente da personale esperto e fisicamente idoneo, diretto da un responsabile di comprovata capacità, nel rispetto delle norme specifiche in materia e delle regole della buona tecnica...."; ma tutto ciò non fa della norma UNI una “legge”, come spesso erroneamente si riporta sull’obbligatorietà dell’applicazione della normativa all’interno delle aree portuali o in ambito inshore, ecc; inoltre anche qui la parte dedicata alla formazione degli operatori rimane al margine della normativa stessa.

Ci sono inoltre due delibere di giunta regionali, una nella Regione Emilia Romania del 2007 (delibera di giunta prot. n. SSF/07/65016) con l’inserimento della qualifica di OTS all’interno del sistema regionale delle qualifiche, ma vincolato sempre ai tre Decreti Ministeriali esistenti, cioè per “attività in area portuale e dintorni”, e una più “coraggiosa” del 2011 nella Regione Sicilia (delibera di giunta n.350 – Prof. 2011) nel documento “Direttive per la programmazione e presentazione delle proposte formative a valere del Piano Regionale dell’Offerta Formativa 2011 – Macro Settore “Agricoltura/pesca/attività subacquee – OTS ed attività correlate” che riporta: “Per questo settore i corsi di formazione professionale per O.T.S. (Operatori Tecnico Subacquei) di livello Base di specializzazione si devono attenere alla direttiva 2005/36/CE secondo gli standard dei programmi Validati da I.D.S.A. (International Diving Schools Associaton) e H.S.E. (Health and Safety Executive)”, con riferimento specifico ad una formazione successiva a quella da OTS con l’applicazione di standard di qualità validi a livello Internazionale (IDSA e HSE). Qui, per la prima volta, si da importanza alla formazione come elemento non eludibile in questo ambiente lavorativo, al di fuori dell’ambito portuale. Il diver deve avere una formazione completa e di qualità, perché operando in ambito offshore, entra in contatto con una squadra internazionale, dove qualità e sicurezza sono assolutamente indispensabili, e deve avere un bagaglio di conoscenze che gli permettano di lavorare in un team di colleghi provenienti da tutto il mondo, che hanno avuto una formazione adeguata e competente.



In tutto questo IMCA, che è una organizzazione di rilevanza mondiale, a cui fanno riferimento diverse migliaia di imprese, che opera esclusivamente in ambito offshore, recependo l’importanza di una formazione di qualità, ha diviso il mondo in 2 grandi categorie, la prima costituita da una lista, aggiornata periodicamente, di una Elite di paesi (Australia, Brasile, Canada, Francia, India, Norvegia, Nuova Zelanda, Olanda, Sud Africa, UK e USA) che hanno una legislazione specifica nel settore che stabilisce standard e criteri di qualità nei percorsi formativi, e la seconda categoria con tutti gli altri paesi che non hanno una tale legislazione, paesi di cui attualmente fa parte anche l’Italia (la qualifica di OTS, valida per attività in ambito portuale, non è di alcun interesse per IMCA).

Questo problema pone le ditte Italiane in una posizione di inferiorità nel confronto con altre ditte nella panorama mondiale, si riporta di seguito quanto il responsabile di una rilevante ditta Italiana, che opera in offshore, ci scrive ” … Al momento infatti, a causa della nota carenza legislativa, non è sufficiente l’iscrizione in Capitaneria per poter lavorare con le maggiori compagnie petrolifere(Shell/Total/BP). Questo comporta a noi, che operiamo nel mercato mondiale, gravissime difficoltà in quanto i Clienti rifiutano per questo motivo le nostre offerte, siamo costretti ad affrontare enormi costi per una ulteriore formazione del personale all'estero, oppure dobbiamo assumere personale straniero.”

Il problema, tornando in Italia, si complica ancora di più visto che la formazione è demandata alle singole regioni , e quindi difficilmente una legge nazionale potrà avere quegli standard di qualità che vengono richiesti in ambito internazionale. Ecco perché, in questo momento, la Regione Sicilia, ai sensi degli articoli 14 e 17 dello Statuto ed in conformità con i principi del vigente ordinamento comunitario sta proponendo di riconoscere e disciplinare l’esercizio delle attività professionali nella subacquea industriale con il DDL n. 698 “Norme per il riconoscimento della professione e disciplina dei contenuti formativi per l’esercizio delle attività della subacquea industriale” per quei percorsi formativi che abilitano alle attività lavorative fuori dalle aree portuali in ambito sia inshore che offshore, con la creazione di un Registro degli Operatori della Subacquea industriale, istituito presso il Dipartimento Regionale del Lavoro, ove potranno iscriversi i soggetti interessati allo svolgimento delle attività disciplinate dal suddetto decreto se in possesso di titoli rilasciati da istituti pubblici o enti di formazione professionale nell'ambito della vigente disciplina, facendo puntuale riferimento riguardo ai contenuti formativi di qualità e specifiche attività formative con tempi di fondo e standard di sicurezza ben precisi, nelle varie categorie di iscrizione (OTS, Top Up, Alto fondale), in modo tale da permettere all'Italia di entrare a far parte dei paesi “Elite” che vengono annoverati nei documenti IMCA, cioè i paesi che hanno una legislazione specifica nel settore.

sabato 15 marzo 2014

ARS: Nuova convocazione, per martedì 18/03, alla V commissione per l'esame del DDL 698

Nuova convocazione della V Commissione Cultura formazione e lavoro, dell'Assemblea Regionale Siciliana, che ha competenza nelle seguenti materie: pubblica istruzione, beni ed attività culturali, lavoro, formazione professionale, emigrazione.

UNICO PUNTO ALL'ORDINE DEL GIORNO:
Esame del disegno di legge n. 698 Norme per il riconoscimento della professione e disciplina dei contenuti formativi per l'esercizio delle attività della subacquea industriale , a firma dell'onorevole Lentini.

SONO INVITATI A PARTECIPARE AI LAVORI:
  • sig.ra Nella Scilabra, assessore regionale per l'istruzione e la formazione professionale;
  • arch. Ester Bonafede, assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali ed il lavoro;
  • dott.ssa Anna Rosa Corsello, dirigente generale del dipartimento istruzione e formazione professionale ed ad interim del Dipartimento Lavoro;
  • Onorevole Lentini, primo firmatario del disegno di legge n. 698.

sabato 8 marzo 2014

Disegno di Legge DDL 698: un'altro passo ancora:

Convocata la Commissione QUINTA - Cultura, Formazione e Lavoro, per il 13/03/2014, con il seguente ordine del giorno:

Ordine del Giorno
1) Esame del disegno di legge n. 698 Norme per il riconoscimento della professione e disciplina dei contenuti formativi per l'esercizio delle attività della subacquea industriale , a firma dell'onorevole Lentini;
2) Seguito esame degli abbinati disegni di legge: nn. 378-54 Sistema regionale per la ricerca e l'innovazione

ecco l'elenco degli Invitati:
  • sig.ra Nella Scilabra, assessore regionale per l'istruzione e la formazione professionale;
  • arch. Ester Bonafede, assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali ed il lavoro;
  • dott.ssa Lucia Borsellino, assessore regionale per la salute;
  • onorevole Lentini, primo firmatario del disegno di legge n. 698;
  • dott.ssa Anna Rosa Corsello, dirigente generale del dipartimento istruzione e formazione professionale ed ad interim del Dipartimento Lavoro;
  • dott. Salvatore Sammartano, dirigente generale del Dipartimento per la pianificazione strategica.

venerdì 28 febbraio 2014

Passi avanti per il DDL 698 sulla subacquea industriale

Presso la Commissione V dell'ARS - Cultura, Formazione e Lavoro - Seduta del martedi 04/03/2014, è stato portato all'ordine del giorno l'esame del disegno di legge n. 698 "Norme per il riconoscimento della professione e disciplina dei contenuti formativi per l'esercizio delle attività della subacquea industriale" , a firma dell'onorevole Lentini. Sono stati invitati in commissione fra gli altri anche la sig.ra Nelli Scilabra, assessore regionale per l'istruzione e la formazione professionale; l'arch. Ester Bonafede, assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali ed il lavoro; l'onorevole Lentini, primo firmatario del disegno di legge n. 698; la dott.ssa Anna Rosa Corsello, dirigente generale del dipartimento istruzione e formazione professionale ed ad interim del Dipartimento Lavoro. Un altro piccolo passo per un disegno di legge che farebbe diventare la Sicilia un assoluto punto di riferimento dell'intero territorio Italiano e del Mediterraneo.


lunedì 24 febbraio 2014

Enti accreditati dalla Regione Sicilia per attività di formazione professionale

Nel 2011 gli enti accreditati nella formazione siciliana erano 1964. Dal 15 gennaio 2014 sono stati ridotti di due terzi restando in 682 "superstiti della Formazione professionale siciliana". Gli enti, insomma, ancora in corsa per ottenere l'accreditamento – basato sulle nuove norme volute dall'assessore Scilabra – per poter quindi partecipare a qualunque bando pubblico per l'organizzazione di attività formative sono drasticamente ridotti.

CEDIFOP, naturalmente, fa parte dell’elenco dei 682.

In realtà questi 682 non sono ancora enti “accreditati” a tutti gli effetti. Si tratta, infatti, dei soggetti che hanno presentato la documentazione entro i termini fissati del 15 gennaio. Ma a questo seguirà un ulteriore step. L'assessorato, infatti, entrerà nel dettaglio dei requisiti e verificherà ad esempio, l'adeguatezza dei locali, l'utilizzo del personale, la congruità dei corsi. E anche il presupposto della “affidabilità morale”. Elemento questo che potrebbe “accompagnare” fuori dall'elenco alcuni di questi enti.

Questo passaggio puramente “tecnico” ha una valenza comunque molto importante. Fissa, insomma, dei paletti. Gli enti che nei prossimi anni potranno ottenere i contributi per i corsi di Formazione usciranno fuori da quell'elenco. Chi resterà fuori dalla lista, insomma, finirà fuori anche dal mondo della Formazione. Una sforbiciata netta, visto che, stando alle cifre diffuse dall'assessorato alla Formazione, solo due anni fa, a novembre 2011 per la precisione, gli enti accreditati erano la bellezza di 1964. Molti di questi, a dire il vero, si sono “autoeliminati”.

E tra quelli che si sono comunque recentemente registrati sul web, come prevedeva la norma, in 72 non hanno completato nei termini previsti la procedura di accreditamento o non hanno presentato tutta la documentazione necessaria stante le nuove disposizioni per l'accreditamento. Altri, invece, 12 in tutto, anche se già registrati sul portale per l’accreditamento, non hanno nemmeno avviato l'iter per l'accreditamento.

Si parte da qui, insomma. L'assessorato adesso entrerà nel dettaglio della documentazione. E scremerà ulteriormente il numero. Una procedura che durerà circa 100 giorni. Alla fine dei quali, la Formazione siciliana non sarà più la stessa.

domenica 23 febbraio 2014

Rinviata al 08/04/2014 l'udienza al TAR Sicilia del CEDIFOP



Rinviata all’ 08/04/2014 l'udienza per la discussione di merito, al TAR Sicilia del CEDIFOP contro la Regione Sicilia/Assessorato alla Formazione Professionale, relativa all'avviso 20. CEDIFOP sostiene che le graduatorie siano state “falsificate”, con l'inserimento di un criterio di esclusione NON PREVISTO NEL BANDO (pagina 19 del bando) da parte del nucleo di valutazione. Questa frase è riportata nella sentenza della Camera di Consiglio del TAR in data 27/07/2012 "... Ritenuto che, ai fini della successiva decisione in sede di merito, sia necessario acquisire dall’Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale della Regione n. 4 copie conformi all’originale della versione definitiva dell’avviso pubblico n. 20/2011 ravvisandosi delle incongruenze tra la copia prodotta in giudizio dalla ricorrente e quella prodotta in giudizio dall’Avvocatura erariale (v. art. 8, pag. 19), assegnando termine di giorni quindici (15) dalla comunicazione in via amministrativa, o dalla notificazione, se anteriore, della presente ordinanza, per il deposito, presso la Segreteria del T.a.r., dei documenti richiesti ...".


Si spera che non ci siano ulteriori rinvii nella definizione di un ricorso iniziato il 03/07/2012.


mercoledì 1 gennaio 2014

L’importanza dei riconoscimenti IMCA nelle certificazioni di Commercial Diver (Parte III: Esperti divers IMCA)

(di Manos Kouvakis)

Nelle news precedenti abbiamo parlato delle quattro certificazioni IMCA (supervisor basso ed alto fondale, LST e DM) e dei paesi che rientrano nel documento IMCA D 11/13 (ultima versione). Analizzeremo ora il sistema che IMCA propone per quei paesi che non rientrano in questo documento.

Intanto va sottolineato che l’inserimento nel documento IMCA è solo un inserimento di carattere “geografico” del paese, dove, secondo IMCA, esiste un procedimento governativo preciso sul controllo e la certificazione di un percorso formativo a prescindere dal livello e dai contenuti (vedi esempi di Brasile o UK), come si legge in un documento IMCA del 11/09/2013: “IMCA’s list of recognised diver qualifications only includes qualifications approved by government bodies.”

Per i paesi che non rientrano in questo documento, nei quali IMCA non riconosce un preciso coinvolgimento delle autorità competenti nel controllare i percorsi formativi secondo standard ben precisi, IMCA ha previsto una valutazione delle competenze per quei subacquei che hanno maturato negli anni una cospicua esperienza lavorativa nel settore (documento IMCA D06/00 e similari).

Come sottolineato nel documento “Diving Division Information Note” D 20/99, e nel documento “Competence Assessment of Experienced Surface Supplied Divers” D 26/01, IMCA è stata coinvolta in accordi di sviluppo per la valutazione di alcuni subacquei con una vasta esperienza di immersione, anche se non hanno qualifiche conseguite secondo percorsi formativi realizzati sotto la supervisione dello stato di provenienza, incaricando le uniche quattro organizzazioni attualmente autorizzate di valutare la capacità dei diver e rilasciare la certificazione IMCA adeguata, queste organizzazioni (riportane nel documento IMCA D11/13) sono:
  1. Diving Diseases Research Centre, (DDRC) situato vicino al Derriford Hospital di Plymouth. Si tratta di un ente di beneficienza registrato, fondato nel 1980 avente nei suoi obiettivi la ricerca degli effetti delle immersioni sulla fisiologia umana e la salute. Il DDRC è diventato un'autorità mondiale sui trattamenti medici iperbarici, con numerose pubblicazioni sull’argomento.
  2. Interdive, Full Member IDSA, con sede principale a Plymouth (UK) e sedi periferiche in Spagna (Alicante) e negli Emirati Arabi Uniti, in Italia attualmente Interdive ha stipulato un accordo di collaborazione con il CEDIFOP.
  3.  KB Associates Full member IDSA con sede a Singapore e
  4. National Hyperbaric Centre (NHC) con sede ad Aberdeen (Scozia), che fornisce consulenze e servizi alle società che ne fanno richiesta nel settore della subacquea industriale. 
I Diver che completano con successo il programma di valutazione, ricevono un certificato numerato, recante la fotografia della persona - il certificato riporta la dicitura “riconosciuto IMCA”.

La valutazione delle competenze dei subacquei non deve essere considerata come un'alternativa alla formazione iniziale e alla qualificazione dei diver. Tale valutazione è dedicata solo ai subacquei che hanno molti anni di esperienza, ma che provengono da paesi dove non esiste un sistema nazionale di riconoscimento delle qualifiche, quindi esclusivamente per quei paesi non inclusi nel Documento D11/13. Anche se IMCA ritaglia per se stessa un ruolo nella valutazione degli esperti commercial diver, (che non hanno una qualifica rilasciata nei paesi riportati nel documento D11/13), dichiara di non volere intervenire nell’approvazione della formazione di base di un subacqueo laddove esiste una legislazione nazionale vigente, perché IMCA ritiene che questo tipo di procedure deve rimanere di competenza degli organismi governativi o delle agenzie autorizzate dai governi (ad esempio ACDE-USA). IMCA si propone dove è possibile e dove manca un riconoscimento governativo, di riconoscere l’esperienza dei diver con certificati di addestramento subacqueo rilasciati da uno dei quattro organismi che essa stessa ha autorizzato come specificato nel Documento IMCA Codice internazionale di condotta per Offshore Diving.

Per poter utilizzare questa procedura, IMCA ha stabilito delle regole ben precise, ecco alcune di esse:

  • questa certificazione può essere chiesta solo dalle aziende che sono Full Member IMCA per i loro sommozzatori, presso la propria sede legale dove avviene la verifica delle competenze per ottenere la certificazione, 
  • i sommozzatori sottoposti a tale valutazione devono essere impiegati presso la società full member IMCA da almeno 6 mesi dalla data delle verifica, 
  • i sommozzatori per partecipare a questa valutazione devono avere una esperienza di almeno 4 anni di attività in offshore, 
  • la valutazione riguarda solo il livello di Surface Supplied (esclude SCUBA e saturazione) 

questa procedura si applica solo per i paesi che non rientrano nel documento D 11/13 dell’IMCA, cioè per i paesi dove non esiste una legislazione nazionale che individua criteri di formazione ben precisi stabiliti dallo stato stesso, per le qualificazioni un’altra delle condizioni, di accesso alla valutazione, richieste i subacquei stabilisce che essi devono avere minimo 150 immersioni in offshore, certificati nel LogBook personale, con l’utilizzo di muta ad acqua calda, campana aperta, decompressione in acqua, ecc., 

L' attrezzatura da utilizzare durante la valutazione deve essere conforme alle linee guida IMCA, ecc… 

E’ molto importante sottolineare che questo tipo di certificazione va eseguito presso l’azienda richiedente, nel paese dove l’azienda ha la sede legale, per il suo personale. Le quattro organizzazioni sopra menzionate, procedono con una prima prevalutazione basata su prove documentali dei requisiti minimi richiesti, per procedere successivamente ad una procedura di valutazione formale che comprende la valutazione teorica e pratica . 

Tutte le apparecchiature utilizzate devono soddisfare pienamente i requisiti dei documenti IMCA D 018 – “Code of Practice for The Initial and Periodic Examination, Testing and Certification of Diving Plant and Equipment” - e IMCA D 023 – “Diving Equipment Systems Inspection Guidance Note - DESIGN for Surface Oriented (Air) Diving Systems”.

L’organizzazione che effettua la valutazione, (uno dei quattro enti in precedenza citati) deve verificare questo, prima di iniziare la valutazione del personale dell’azienda.

La valutazione si basa su norme IDSA - moduli A (Preparatory), C (Surface Supplied Inshore Air Diver) e D (Surface Supplied Offshore Air Diver).

Sono previsti almeno 6 giorni con lezioni di teoria in aula ed immersioni in acqua. Ogni esercitazione pratica deve essere valutata in almeno due occasioni separate. Sono previste due immersioni separate, ad una profondità superiore a 30 metri, utilizzando una campana aperta, con almeno una immersione ad una profondità superiore a 40 metri con un tempo di fondo di almeno dieci minuti .

E' importante che i datori di lavoro ed i clienti siano in grado di riconoscere il certificato approvato IMCA e non confonderlo con altri certificati . E ' anche importante che racconta un datore di lavoro dalla certificazione possa desumere le competenze riconosciute al diver. Per questo motivo il certificato, testo e formato, devono essere concordati con IMCA, la quale rilascia all’azienda le certificazioni del personale essendo essa il committente, e non ai singoli diver, infatti il certificato, oltre al nome del diver riporta anche il nome dell’azienda che ha chiesto la certificazione e la lingua utilizzata dal subacqueo durante la valutazione.

Dettagliati resoconti scritti di ogni fase della valutazione devono essere mantenute presso l’ente di valutazione autorizzato da IMCA, per almeno 3 anni, consultabili a richiesta da IMCA. In caso di non superamento delle prove di valutazione, l’ente valutatore produce una relazione circa l’esclusione del diver. 

A questo tipo di certificazione non possono partecipare diver che hanno la cittadinanza di quei paesi inseriti nel documento D 11/13, a tal fine IMCA richiede che vengano esaminati prima delle valutazioni i passaporti di ciascun partecipante.

Vincoli e limitazioni inseriti da IMCA nelle procedure attuative, rendono l’accesso a tale riconoscimento alquanto difficoltoso, ma attualmente è l’unica via per realizzare certificazioni riconosciute da IMCA negli stati non presenti nel documento D 11/13 .

In Italia la legislazione vigente, come i DM 1979/1981 e 1982, non rientra fra quello che IMCA richiede, semplicemente perché tale legislazione è dichiaratamente finalizzata solo ad immersioni all’interno delle aree portuali e non per l’offshore diving.

Inoltre, la mancata legislazione a livello nazionale, o le proposte legislative che abbracciano sia la subacquea industriale che quella sportiva ricreativa, non hanno mai aiutato a trovare una soluzione a questo problema, anche se tentativi vari sono stati fatti negli ultimi decenni.

Lo stesso si può dire anche della normativa UNI 11366 del 2010, che essendo una norma, non potrà mai definita o trasformata in legge, anche se potrebbe diventare uno strumento di regolamentazione importante per le immersioni in offshore, ma anche in questo caso solo la norma non può essere utile, in questo momento, per la risoluzione di questo problema.

Lo stesso possiamo dire anche delle ordinanze che diverse capitanerie ad oggi hanno emanato per estendere l’applicabilità del DM del 1979 anche al di fuori delle aree portuali, ma non essendo leggi, esse possono essere ritrasformate immediatamente con una successiva ordinanza che revoca o trasforma l’ordinanza iniziale (vedi ad esempio l’ordinanza 50/2010 della Capitaneria di Porto di Palermo modificata/integrata dall’ordinanza 91/2013).

Nel nome dell’ottimismo, si spera che alcune delle iniziative a cui si lavora da parecchio tempo ormai, portino a breve a soluzioni adeguate per potere inserire, anche l’Italia nella lista dell’IMCA a partire dal 2014. Per ora si spera … e si lavora per ottenere quel risultato, perché noi crediamo che l’Italia abbia il pieno diritto di essere fra i paesi menzionati nel documento D 11/13 dell’IMCA.