CEDIFOP

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le foto si riferiscono alle attività del CEDIFOP, nei vari livelli di addestramento

domenica 24 giugno 2012

Corso TOP UP italiano e riconoscimenti HSE


Per la prima volta in Italia ad un percorso Italiano, HSE ha riconosciuto la certificazione TOP UP.

La risposta positiva, dopo un lunghissimo iter fatto di controlli e verifiche delle attività svolte, ecc, apre la strada ai successivi corsisti.

La prima approvazione è arrivata in data 19 giugno 2012:

“HSE has considered your professional diving qualification, and can confirm that you may work as a diver in British Waters using Surface Supplied, Surface-Orientated Diving Techniques to a maximum depth of 50 metres. Your details and qualification have been put on HSE’s database of approved qualifications.”

Il titolo dell’attestato riconosciuto dall’HSE per il livello “SURFACE SUPPLIED TOP UP” è

“OPERATORE TECNICO SUBACQUEO – TOP UP – IDSA LEVEL 3”

CEDIFOP è l'UNICA scuola in Italia che effettua questo corso



corso TOP UP del CEDIFOP - campana chiusa e TUP


corso TOP UP del CEDIFOP - "salto in camera"

corso TOP UP del CEDIFOP - campana aperta

corso TOP UP del CEDIFOP - basket


Percorso didattico per il TOP UP:

corso 01 - OTS (secondo standard IDSA) - minimo 3 mesi
corso 02 - corso IMCA per DIVER MEDIC - 10 giorni
corso 03 - "OTS - Saldatore subacqueo - IDSA level 2" - 20 giorni
corso 04 - TOP UP - 20 giorni

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Attenzione! Questa sequenza di corsi, tempi e riconoscimenti connessi, riguardano ESCLUSIVAMENTE I PERCORSI FORMATIVI  PROPOSTI DAL CEDIFOP,  e non va assolutamente interpretata come indicazione generica o applicabile ai percorsi formativi proposti da altri enti di formazione in Italia.

CEDIFOP, non prende in considerazione richieste di partecipazione, ai corsi per "OTS - IDSA Level 2", o "TOP UP", che non soddisfano i requisiti per l'ammissione, cioè con attestati che provengono da scuole, che non rientrano negli standard e non hanno i tempi di fondo realizzati con percorsi, attività e tempi indicati dall'IDSA, richiesti per l'accesso.

In questi casi, possiamo solo consigliare, a chi vuole proseguire questo percorso in Italia, di ripetere ex novo il corso, a partire da quello base da OTS,

giovedì 21 giugno 2012

Idrogetto cavitazionale: le nuove tecnologie


Dal marzo 2010 è stata omologata CE nella direttiva macchina e nella direttiva applicazioni una strumentazione rivoluzionaria, che potrebbe essere la miglior soluzione per gran parte dei problemi di lavoro subacqueo. Si tratta di una applicazione che sfrutta l’effetto della cavitazione in ambiente subacqueo che tipicamente si genera quando un elica supera il suo ottimale regime di rotazione. Essa nel 2003 ha ricevuto la certificazione della U.S. NAVY. Impiegata in tutto il mondo, questa tecnologia americana – ampiamente utilizzata con pieno successo – non usa il getto d'acqua come uno scalpello meccanico ma lo utilizza invece come una sorgente di cavitazioni le cui implosioni generano shock waves. Se opportunamente indirizzate e focalizzate esse scaricano la loro energia per la disincrostazione di strutture in immersione. E’così possibile la pulizia di carene, tubazioni, cavi elettrici e quant’altro senza minimamente abradere le eventuali vernici protettive presenti. Le attrezzature che utilizzano questa tecnologia hanno anche il vantaggio di operare in condizioni di estrema sicurezza per il subacqueo, poiché il getto risulta inoffensivo a più di 7-8 centimetri dall’ugello di uscita. La manovrabilità di questi utensili a “getto cavitazionale” e con impugnatura “a pistola” è ottima grazie ad un speciale sistema di bilanciamento a “retro-getto” che ne compensa totalmente la spinta naturale, rendendo il lavoro leggero, più preciso e sicuro. Le dimensioni compatte consentono un ottimo lavoro anche su superficie e strutture molto complicate.

Cercheremo ora di offrire una spiegazione semplice del complesso principio fisico-idrodinamico che è il cuore del sistema: da ogni unità a “getto cavitazionale”  l’acqua in pressione fuoriesce dall’ugello di emissione sotto forma di una nuvola di microbolle o, più precisamente, di microcavità cariche di energia in uno stato instabile, e così mantenute da microscopici moti vorticosi. Essi sono dotati di vita brevissima, ma sufficiente a garantire l'efficienza operativa del getto. L'energia del fascio d'acqua è quindi fornita non solo dall'energia cinetica dovuta alla velocità di fuoriuscita, ma anche da un'energia interna instabile dovuta al moto caotico-microvorticoso che mantiene in vita le micro cavità per quel “micro tempo” indispensabile a lasciarle lavorare. Quando il getto incontra una superficie solida, impregnando gli interstizi, le incrostazioni ecc, le micro-cavità collassano in una miriade di implosioni, e queste shock waves trasferiscono praticamente tutta l’ energia impiegata per generarle all'azione di separazione e sgretolamento delle incrostazioni. La forza distruttiva del getto dipende anche dal tipo e dalla consistenza del materiale colpito: tanto più questi è rigido, fratto e poroso, tanto più forte sarà l’effetto. Poiché la fase di formazione delle micro cavità avviene in tempi ben più lunghi della fase implosiva, questa produce risultati di qualche ordine di grandezza superiore a quelli ottenibili da un semplice getto ad alta pressione ma senza l’azione implosiva del “getto cavitazionale”. E’ qui opportuno ricordare che i fenomeni di micro-cavitazione sopra descritti non possono formarsi in ambiente subaereo. Questa strumentazione è pertanto di esclusivo impiego subacqueo, anche perché il retro-getto di compensazione emesso in aria potrebbe diventare pericoloso, non essendoci l’acqua ambiente a disperderlo, assorbirlo e ad ammortizzarlo.

Poiché le vernici protettive antifouling sono elastiche e compatte, esse subiscono passivamente  la “mitragliata” delle microimplosioni, assorbendo solo una minima parte della loro energia e quindi rimanendo intatte. Le incrostazioni calcaree tipiche del fouling – essendo formate da materiali cristallini (prevalentemente carbonato di calcio) molto rigidi e disomogenei – le assorbiranno totalmente e tenderanno a riempirsi di microfratture perdendo ogni potere di adesione. Analogamente si staccheranno facilmente anche organismi animali quali i classici “denti di cane”, le ostriche, e quant’altro abbia come collante un materiale cristallino e fragile. Allo stesso modo si staccheranno anche le cozze, il cui bisso è fissato al supporto mediante piccolissime placche calcaree.

Il fenomeno è particolarmente evidente durante la pulizia di tubi metallici, sui quali il “collante” delle incrostazioni può essere formato da ossidi ed idrossidi ferrosi, che possono trasformarsi in carbonati.  Tra i più comuni ricordiamo l’ Ankerite, la Goethite e  l’ Idrozincite,  tutti cristallini e  fragili. In questo caso succede spesso che dalla tubazione si stacchino delle placche, delle croste che ricordano lo sfogliarsi della corteccia degli alberi da sughero. Le superficie pulite con “getti cavitazionali” riacquistano normalmente la loro originaria lucentezza e/o levigatura; questo dimostra che tutto quanto vi si era naturalmente attecchito è stato totalmente asportato. Le idropulitrici tradizionali (la cui efficacia dipende da una pressione decisamente più elevata) tendono invece a lasciare superficie più rugose, “micro scolpite, ove il fouling si fissa e cresce molto più rapidamente. Mancando quell’effetto a scalpello dell’impatto di un getto d’acqua in pressione (come nelle idropulitrici), i “getti cavitazionali” sfruttando principi fisici diversi  possono essere tranquillamente impiegati anche su materiali tessili e/o legnosi, che vengono puliti senza alcun danneggiamento. Gli eventuali residui organici improbabilmente rimasti vengono “sterilizzati” dall’effetto cavitazionale che comporta la morte delle cellule vive rimaste.

Pertanto i “getti cavitazionali” possono essere considerati  la tecnologia ideale per la pulizia delle gabbie per gli allevamenti ittici in mare perché non solo non danneggia le strutture e le reti ma nemmeno i pesci all’interno che restano comunque fuori dal suo raggio d’azione.

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Confronti

Operativamente, tra una idropulitrice tradizionale ed una pulitrice cavitazionale le differenze sono molte ed importanti:


IDROPULITRICI TRADIZIONALI

-- La pressione di esercizio ha non meno di 200 Bar di pressione
-- il getto d’ acqua ad alta pressione scava un solco preciso, lungo, sottile e senza sbavature, di circa 1 cm2 di sezione
-- la manovra comporta movimenti ampi ed è più faticosa
-- il getto perde la sua pericolosità dopo almeno un’ ottantina di centimetri
-- è imputabile di inquinamento ambientale asportando in tutto od in parte le vernici antifouling
-- a parità di superficie e di tipologia di fouling il tempo di pulitura è 7-10 volte superiore



GETTI CAVITAZIONALI

-- La pressione di esercizio ha circa 150 Bar di pressione
-- l’ugello emette un cono di micro vortici con un angolo di apertura di circa 30 gradi e che perde la sua efficienza dopo circa 8 -10 centimetri
-- la superficie di impatto (ove pulisce) è un ovoide largo circa cm 4 e lungo circa cm 7
-- la sua manovra, a parità di pressione di alimentazione, è meno faticosa e più sicura
-- rispettando le vernici antifouling non produce inquinamento ambientale
-- a parità di superficie e di tipologia di fouling il tempo di pulitura è 7-10 volte inferiore





http://www.nos-italia.com/nos-italia/news/Voci/2012/6/21_Apertura_nuova_sede_operativa_NOS.html


lunedì 11 giugno 2012

Decompressione ad ossigeno o "salto in camera"

Tecniche usate durante l'addestramento per il TOP UP: decompressione ad ossigeno o "salto in camera", nelle immersioni di Basso Fondale, nei percorsi del CEDIFOP


(di Manos Kouvakis)



Nella subacquea sportiva ricreativa, l’immersione per raggiungere profondità elevate e risalire, viene pianificata, spesso, diminuendo al massimo il tempo di permanenza sul fondo. Ma questo problema si ingigantisce, a volte, di fronte ad una immersione che prevede la permanenza sul fondo per eseguire dei lavori, come succede nella subacquea industriale.Tutti sappiamo che il tempo di decompressione a cui uno subacqueo deve sottoporsi nella risalita in superficie, è direttamente proporzionale sia al tempo di permanenza sott'acqua, sia alla profondità di immersione.

Considerando una immersione che supera alcune decine di metri, se la permanenza è abbastanza lunga, la decompressione è lunghissima, a volte impossibile da eseguire in acqua e spesso comporta rischi veri e propri per la salute del sommozzatore. Facciamo un esempio: a circa 48 metri di profondità e permanenza di 10 minuti, il tempo di risalita è di circa 6 minuti, con una tappa di decompressione di 2 minuti a 6 metri. Se alla medesima profondità il diver fosse rimasto per circa 50 minuti, il tempo totale di risalita, decompressione inclusa, diventa di circa 270 minuti. Troppo tempo in cui un diver dovrebbe rimanere in acqua, specialmente se siamo in mare aperto e con temperature rigide.

(Foto dal corso TOP UP del CEDIFOP - anno 2011)

Questo comporta, oltre al disagio del subacqueo di una lunghissima permanenza di diverse ore sott'acqua, anche spreco di risorse economiche: personale addetto alla sicurezza, salute della persona immersa, imbarcazione bloccata fino alla fine delle operazioni di recupero del diver. Il fattore economico ha svolto un ruolo importante nel cercare di trovare soluzioni sicure e alternative al modo classico di effettuare questa tipologia di immersioni, specialmente nella subacquea industriale.

Due sono le soluzioni: immersione in saturazione (miscele in cui viene sostituito l’azoto con elio), tecnica inizialmente applicata a profondità di – 50 metri fino a profondità attorno a -300 metri (alto fondale), dove il sommozzatore può, utilizzando le tecnologie adatte e se ha avuto un addestramento adeguato (secondo gli standard della didattica IDSA level 4, o certificazione closed bell dell’HSE_UK, o certificazione francese di Classe 3 mention A, o similari) affrontare anche per interi giorni profondità e attività lavorative e ritornare velocemente in superficie usando la campana chiusa, restando poi in un comodo impianto iperbarico di superficie a fare la decompressione che può durare anche diversi giorni.

Naturalmente questa tecnica implica attrezzature di un certa importanza tecnologica che non tutte le ditte possiedono. La semplicità di questa tipologia di immersione e anche la economicità nella gestione del subacqueo in acqua, a volte porta l’applicazione di queste tecnologie anche a profondità non storicamente accostate alle immersioni per altofondale, cioè a immersioni anche a profondità inferiori dei -50 metri. Così sempre più spesso abbiamo applicazioni di altofondale, cioè immersioni in saturazione, che sconfinano sempre di più nelle profondità storicamente attribuite al basso fondale (da 0 ai -50 metri, con immersioni ad aria o aria arricchita).

Quando non è possibile usare la tecnica di saturazione, per mancanza di questa tecnologia, o perché l’immersione non è troppo lunga o a profondità di basso fondale, quindi nelle immersioni ad aria, si può ricorrere ad immersioni con la tecnica del “salto in camera” o di decompressione in superficie ad ossigeno. Anche questo tipo di immersione riduce al massimo i tempi di permanenza in acqua, per un subacqueo addestrato, e può essere applicata per medie e lunghe permanenze in acqua a profondità vicine ai – 50 metri. Questa tecnica è stata utilizzata anche dai sommozzatori della SMIT durante il loro intervento sulla Concordia.

(Foto dal corso TOP UP del CEDIFOP - anno 2011)

Inoltre, va specificato che questa tipologia di immersione, per profondità da –30 a -50 metri, con l’obbligo dell’uso di una campana aperta o di un basket (secondo gli standard della didattica IDSA), è più comunemente nota come TOP UP. CEDIFOP attualmente è l’unica scuola in Italia ad avere programmato corsi specifici con queste tecniche di immersione. Durante questo percorso, completati i tempi previsti dalla didattica IDSA per i 0-30 metri e dopo aver conseguito il brevetto IMCA per DIVER MEDIC, l’allievo può accedere al corso Italiano per il TOP UP, che prevede per prima le immersioni fino ai -50 metri con il basket, raggiungendo i tempi previsti dalla didattica IDSA, per passare successivamente alle tecniche del salto in camera, cioè della decompressione veloce con l’uso di ossigeno. Questa tecnica consiste nel realizzare una prima decompressione veloce in acqua, salire in tempi brevi ma in sicurezza in superficie ed essere ricompresi in una camera iperbarica, che si trova sul posto, ad una profondità calcolata, per effettuare una decompressione ad ossigeno e ad aria, ma nella comodità di un impianto iperbarico che si trova in superficie (il corso per il Top Up del Cedifop, si completa con l’utilizzo della campana aperta, della hot water suite e con una immersione con la campana chiusa e T.U.P. quest’ultima introduttiva alle tecniche di alto fondale).

L’addestramento del personale, che usa queste tecniche, deve essere fatto in modo serio e la loro buona preparazione è fondamentale per la loro stessa incolumità fisica, visto che durante il salto in camera ci sono tempi ben precisi da rispettare, raggiungibili facilmente con un adeguato addestramento. Abbiamo pubblicato sul sito del CEDIFOP, il video di un salto in camera, effettuato da nostri allievi, da una profondità di 46 metri con una permanenza sott'acqua di 45 minuti. Naturalmente, superati i -30 metri, l’immersione è stata effettuata con l’uso di un basket (ma può essere usata anche una campana aperta). In condizioni normali, con la decompressione in acqua, il tempo di risalita avrebbe dovuto essere di circa 180 minuti seguendo le tabelle di decompressione, ciò con maggiori difficoltà di assistenza e aumento di incognite e pericoli.

E se la profondità o il tempo di permanenza aumenta? Per esempio alla stessa profondità, se il tempo di permanenza passa da 45 minuti a 70 minuti, il tempo complessivo di decompressione passa dai 180 minuti a 414 minuti circa. Tempi improponibili soprattutto per l'incolumità del Diver, oltre che per un cantiere di lavoro, specialmente se l’immersione è in mare aperto, dove possono intervenire anche altri fattori (correnti, freddo, ecc). Ecco perché diventa obbligatorio trovare alternative, come l’immersione in saturazione ove possibile (naturalmente d’obbligo se si superano i – 50 metri), o usare la tecnica del “salto in camera”, cioè una risalita veloce con una prima tappa di breve decompressione ad aria effettuata in acqua, e successivo “salto”, cioè risalita in superficie, togliendo muta e entrando nella camera iperbarica sul posto, nell'arco di un tempo limitato, (5 minuti dall'inizio della prima decompressione), ma sufficiente per il personale che ha avuto un addestramento in tal senso, e passaggio alla camera iperbarica per effettuare una prima decompressione ad ossigeno, completandola con una decompressione ad aria. Il grande vantaggio di questa tecnica è che il sommozzatore si trova ormai in superficie, dove qualsiasi intervento o assistenza è più semplice da effettuare.
Questo tipo di immersione necessita di una camera iperbarica con un sistema per respirazione ad ossigeno. Entrando in camera iperbarica, il sub viene pressurizzato ad una profondità di – 12 metri in breve tempo (circa un minuto). Il tempo totale trascorso dalla prima tappa in acqua del sub al raggiungimento della camera iperbarica e compressione non deve superare i 5 minuti (salto).

(Foto dal corso TOP UP del CEDIFOP - anno 2011)

I sub iniziano a respirare ossigeno puro da una mascherina dal momento in cui entrano in camera, interrompendo ogni 30 minuti, con intervalli di 5 minuti respirando aria (detta "lavaggio ad aria"), questo avviene quando devono effettuare lunghi periodi di respirazione di ossigeno. Nella programmazione dei tempi, il "lavaggio ad aria", va considerata come "tempo morto". In caso di guasto del sistema di erogazione dell'ossigeno, è importante avere familiarità con i programmi per effettuare la decompressione appropriata in camera, usando aria. Se il sistema si guasta, mentre i sub sono in acqua, i sub passano ad applicare le tabelle standard di decompressione ad aria; medesimo discorso se il guasto si verifica quando sono in superficie. Ma la cosa fondamentale è che queste tecniche avanzate, vanno usate solo da personale altamente addestrato. 

domenica 10 giugno 2012

Corsi di formazione, ipotesi brogli su valutazioni Cedifop sul piede di guerra: faremo ricorso al Tar

LA SICILIA - Sabato 09 Giugno 2012 Economia, pagina 13

Palermo. La richiesta di audizione alla Commissione Cultura, formazione e lavoro è stata presentata ieri, ma già nelle scorse settimane il caso era stato segnalato con un esposto-denuncia alla Corte dei conti. Adesso, a pochi giorni dalla pubblicazione della graduatoria definitiva del Piano di formazione 2012 che sblocca l'avvio dei corsi, il Cedifop prepara un ricorso al Tar sollevando lo spettro di: "falsificazione in atto pubblico". Secondo il direttore dell'Ente Manos Kouvakis e i suoi legali che, qualche settimana fa hanno ottenuto l'accesso agli atti, nel verbale di valutazione sarebbero stati inseriti "criteri non previsti nel bando che hanno influito nel calcolo del punteggio da assegnare all'Ente, escludendolo così dall'ammissione ai finanziamenti". "Nel bando la scheda di valutazione - spiega Kouvakis - attribuisce al progetto 1271 presentato dal Cedifop 43 punti su 100, 15 punti in meno per rientrare fra le proposte finanziate e 24 in meno rispetto a quelli che avremmo dovuto avere di diritto. Il fatto grave è che questo accade perché è stato inserito un criterio di esclusione non pubblicato nell'avviso 20/2011 e cioè l'esclusione dal punteggio dei corsi autofinanziati".
"Legittimo che gli enti presentino ricorso se sono convinti di avere subito un torto - dice il direttore generale Ludovico Albert - Sono certo della correttezza del lavoro svolto dai valutatori. Finora i tribunali ci hanno dato ragione nel maggior numero di casi". Ad essere sul piede di guerra sono però anche altri enti. Tra questi l'Isvime che nella prima graduatoria provvisoria risultava tra gli enti ammessi e che ora è fuori. Intanto, due giorni fa, la Corte dei conti ha registrato la nuova "long list" dei valutatori esterni presso l'assessorato all'Istruzione e alla Formazione Professionale per proposte progettuali in materia di istruzione, formazione, lavoro e inclusione sociale.
Gioia Sgarlata




sabato 9 giugno 2012

Pulizia in cavitazione eseguita dalla cooperativa NOS, da ex allievi CEDIFOP.

Questa tecnica ha ottenuto la certificazione CEE ed una certificazione TUV di NON inquinamento ambientale, ciò implica la possibilità di fare attività di pulizia e carenaggio anche all'interno delle aree portuali, con grande risparmio sui costi.

Questa tecnica, grazie alla donazione della N.O.S. (Nucleo Operatori Sommozzatori) al CEDIFOP, di una macchina per la pulizia a cavitazione, è stata inserita nei corsi CEDIFOP di 1 livello (Operatore Tecnico Subacqueo Specializzato - della durata di 60 giorni) e di 2° livello (OTS - Saldatore Subacqueo - della durata di 20 giorni), come quello che si sta svolgendo nel mese di giugno 2012 - corso libero autorizzato dalla Regione Sicilia (n. 04/PA/2012).





venerdì 8 giugno 2012

Come si vincono gli appalti in Sicilia

LOMBARDO, CENTORRINO ed ALBERT stanno semplicemente offendendo la nostra intelligenza con le loro dichiarazioni:

Ecco come stanno veramente le cose:

Mentre l'anno scorso hanno inaugurato il principio che alla Formazione Professionale (in Sicilia) possono partecipare enti con progetti che NON hanno, in modo chiaro ed inequivocabile, i requisiti specifici previsti dal bando stesso (vedi corso approvato all'ENFAP sul cui tema attualmente esiste anche una interrogazione parlamentare - la N. 2010 - Chiarimenti circa il corso per 'operatore tecnico subacqueo' per bassi fondali inserito nel PROF 2011 - Presentazione 26 lug 2011 Annuncio Aula Seduta n. 274 AULA - ma senza ancora nessuna risposta - http://www.cedifop.it/ots_enfap.pdf ); quest'anno, evolvendo le loro "tecniche", hanno fatto un passo avanti, escludendo chi ha i requisiti, facendo ad hoc dei verbali che

DISTORCONO I CRITERI DI SELEZIONE PUBBLICATI NEL BANDO, introducendo REGOLE DI ESCLUSIONE NON PREVISTE NEL BANDO STESSO, COSTRUITE SU MISURA DAL NUCLEO DI VALUTAZIONE DURANTE L'ESAME DELLE PRATICHE, OTTENENDO GRADUATORIE VOLUTE MA ILLEGITTIME, 

in barba a tutti i regolamenti della Comunità Europea. Con l'arroganza di chi, gestendo un potere "FINALMENTE LIBERATO DALLA POLITICA" può applicare regole da dittatore.

Ma allora perché fare i bandi stessi? perché non chiamare direttamente le persone a cui si vogliono dare soldi ed appalti?

Perché fare tutti questi giri con bandi avvisi ecc?

Consegnare direttamente agli interessati le somme appare più efficiente visto che cosi si fa prima!!!!