di Peppe Messina
IN LIBRERIA DAL PROSSIMO 18 FEBBRAIO, EDITORE FRANCESCO BRIOSCHI, AUTORI DANIELE FANO, ELISA GAMBARELLA E FRANCESCO MARGIOCCO. NUOVO CONCETTO DI OCCUPABILITA’: I RAGAZZI DEVONO ESSERE MESSI IN GRADO DI CAPIRE CHE NULLA ARRIVERA’ PIU’ DAL CIELO. LA CONQUISTA DEL LAVORO FRUTTO DI UN PROCESSO DI INTERAZIONE DOVE L’ISTITUZIONE DOVRA’ TRAINARE I GIOVANI VERSO L’OCCUPAZIONE. ‘FARE SISTEMA’ NEI SERVIZI PER IL LAVORO, DEBELLARE LA BALCANIZZAZIONE DEI SERVIZI PER L’IMPIEGO OSTACOLO ALL’INCROCIO TRA DOMANDA E OFFERTA DI LAVORO. GLI INCREDIBILI RITARDI DELLA SICILIA
C’era bisogno di un libro dedicato a ‘Garanzia Giovani’ in Italia? Certamente, portare a conoscenza l’importanza dello strumento comunitario, nato per reagire prontamente contro la dilagante disoccupazione giovanile in Europa, confrontare le esperienze tra le diverse regioni e presentare casi di successo in giro per la nostra Penisola, è un indubbio arricchimento per tutti, istituzioni, soggetti privati, cittadini e, soprattutto, giovani.
Serve un nuovo approccio culturale alla ricerca del posto di lavoro. E questo e molto altro realizza il libro dal titolo eloquente: “Garanzia Giovani – La Sfida”. In libreria dal prossimo 18 febbraio, Editore Francesco Brioschi, da marzo sarà presentato in varie città italiane come Roma, Milano, Torino ed Sicilia a Palermo Trapani e Catania. Autori del testo Daniele Fano, Elisa Gambardella e Francesco Margiocco. Autorevoli firme con un profilo di tutto rispetto che richiamiamo di seguito.
Daniele Fano , già Capo Segreteria Tecnica del Ministro Giovannini e rappresentante italiano di ‘Garanzia Giovani’ nell’Unione Europea, economista e manager, si occupa di valutazione delle politiche, di conti finanziari nazionali, di risparmio delle famiglie e di previdenza.
Elisa Gambardella, laureata in Scienze Internazionali Diplomatiche presso l’Università di Genova, si occupa di European Youth Guarantee dal 2012, dapprima come referente in Italia del Partito Socialista Europeo e da ultimo nella Segreteria Tecnica del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Francesco Margiocco, giornalista del Secolo XIX, che segue dal 2007 la politica universitaria e scolastica italiana, ha collaborato al Corriere Economia-Corriere della Sera e all’agenzia di stampa ‘Apcom’, e ha lavorato alla Reuters, nel 2007, con una serie di inchieste pubblicate dal Secolo XIX, è stato tra i primi a occuparsi del Programma nazionale “Rientro dei cervelli” e dei suoi deludenti risultati.
Nella prefazione di Dario Di Vico: “Il concetto di occupabilità segna un passaggio nuovo: i ragazzi devono esse¬re messi in grado di capire che nulla arriverà più dal cielo, ma che anche la conquista di un posto di lavoro sarà un’interazione. Ci si dovrà muovere per avere. Rendersi occupabili vuol dire in qualche maniera prendersi cura di sé, del proprio curriculum e delle proprie abilità reali in maniera incrementale, vedersi allo specchio come un patrimonio da curare. Non è poco ed è evi¬dente che un’operazione come questa necessita di una sponda, di un soggetto istituzionale capace di trainarla. Se vogliamo, si tratta di una forma più mo¬derna di pedagogia in cui non l’elemento ‘top down’ fa premio, ma l’incontro, l’accompagnamento, la mobilitazione individuale”.
“Va evitato che si avveri – scrive Di Vico – la profezia del sociologo americano Richard Sennet sulla ‘corrosione del carattere’ di intere classi di età schiacciate dalla precarizzazione o comunque dal ritardato ingresso nel mondo del lavoro”.
Già il titolo “Garanzia giovani: la sfida” annuncia un progetto ambizioso per giovani Italiani in cerca di futuro, un programma nato in Europa, tratto dai risultati delle politiche occupazionali dei paesi del Nord. Un programma che richiederà anni, ma come dicono gli autori del libro, se non si inizia ora, quando?
Ai giovani è rivolto il libro, dicevamo, che, seguendo gli sviluppi dello strumento ‘Garanzia Giovani’, intende contribuire, in maniera efficace, al cambiamento culturale ed al mutamento dell’approccio alla ricerca di un lavoro. Un libro che irrompe prepotentemente e che può sicuramente costituire un prezioso riferimento per raddrizzare comportamenti, atteggiamenti, scelte, valutazioni e tempi, in un contesto nazionale e regionale (come nel caso della Regione siciliana dove il Piano è partito da poco) che presenta a nove mesi dall’avvio del Piano nazionale della Garanzia Giovani più ombre che luci. Dopo averlo letto ci si accorge, da subito, che è riferimento certo nel complicato mondo del lavoro, tra crisi e resistenze all’ingresso dei giovani in certi contesti territoriali. Va detto che, ‘Garanzia Giovani’ è la prima iniziativa europea contro la disoccupazione. Ciò significa che: “D’ora in poi i giovani che non studiano e non lavorano, i cosiddetti ‘Neet’, non dovranno essere lasciati soli”. È anche il primo esempio di politica europea nata non nelle cancellerie degli Stati, ma nel Parlamento dell’Ue, che nel febbraio 2012 ha proposto uno stanziamento per le regioni in cui la disoccupazione giovanile supera il 25 per cento.
L’Italia si è mossa prontamente, ha presentato un piano nazionale e nel 2014 ha ricevuto 1,2 miliardi di euro sui 6 stanziati in tutta Europa per il periodo 2014-2020.
Il programma prende ufficialmente il via nella Penisola il primo maggio 2014. Subito piovono le critiche. La stampa nazionale tuona e chiede di non sprecare quel denaro. Ce la faremo a evitare un flop all’italiana? ‘Fallimento annunciato’, sentenzia qualcuno. Ma c’è un’alternativa?
Nel suo piccolo, Garanzia Giovani è un concentrato di risposte alla crisi. Agisce dal lato della domanda, da quello dell’offerta e dal lato istituzionale. Le difficoltà ci sono: amministrazioni frammentate, nessun nesso forte tra istruzione e lavoro, diffidenze e paure radicate, oltre al contesto stesso della crisi.
Ma possiamo sprecare anche quest’occasione? Eppure le difficoltà non mancano come opportunamente rimarcano gli autori del libro: “C’è un contesto di forte ‘balcanizzazione’ dei servizi per l’impiego in Italia, tanto che rimane aperto il dilemma se sarà davvero un piano nazionale o se si tratterà di 20 piani regionali. Oggi abbiamo momenti di eccellenza ma non riusciamo a ‘fare sistema’ nei servizi per il lavoro”.
Una delle appendici al citato Libro è costituita dall’elencazione ‘in pillole’ dei punti focali che racchiudono il significato di Garanzia Giovani, tratta dalla Raccomandazione Europea, che richiamiamo di seguito.
I documenti ufficiali non invogliano sempre alla lettura! I punti che seguono sono tratti dalla Raccomandazione Europea e dovrebbero rappresentare una buona scorciatoia per capire un documento che, per gli autori, rappresenta una ‘pietra miliare’.
“Garantire che tutti i giovani di età inferiore a 25 anni ricevano un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio entro un periodo di quattro mesi dall’inizio della disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione formale («garanzia per i giovani»).
Garantire che i giovani abbiano pieno accesso alle informazioni.
Rafforzare le partnership tra datori di lavoro e soggetti attivi sul mercato del lavoro.
Garantire il coinvolgimento attivo delle parti sociali a tutti i livelli.
Prendere in considerazione l’idea di creare «punti focali» (Focal Points o Groups) comuni, ovvero un’organizzazione che garantisca il coordinamento tra tutte le istituzioni e le organizzazioni coinvolte.
Operare affinché i servizi per l’impiego, unitamente ad altri partner che sostengono i giovani, siano in grado di fornire un orientamento personalizzato.
Offrire ai giovani che hanno abbandonato prematuramente gli studi, e in possesso di scarse qualifiche, la possibilità di riprendere il percorso scolastico e formativo o di seguire nuovi programmi d’insegnamento.
Incoraggiare gli istituti scolastici, i centri di formazione professionale e i servizi per l’impiego a promuovere e a fornire ai giovani orientamenti sull’imprenditoria e sul lavoro autonomo, anche attraverso corsi per l’attività di imprenditore.
Ridurre i costi non salariali della manodopera al fine di migliorare le prospettive di assunzione dei giovani”.
Nel libro, oltre all’analisi delle problematiche insite in ‘Garanzia Giovani’ e all’indicazione di percorsi possibili, gli autori hanno voluto toccare con mano la realtà lungo tutta la penisola, raccogliendo nel libro oltre trenta interviste a protagonisti e studiosi. A scopo esemplificativo, riportiamo alcune testimonianza tratte dall’opera.
Lucia Valente, Università di Roma, assessore al Lavoro, Regione Lazio: «Non si trova lavoro alzandosi la mattina, scendendo dal letto e andando su internet. Occorre essere attrezzati e poter usufruire di un servizio degno di questo nome, nella sanità, ma anche nell’istruzione, nella formazione e nel lavoro. E in questo campo, la Garanzia Giovani ci ha messo davanti alla verità, costringendoci a rispondere al quesito se siamo o no in grado di dare ai cittadini dei servizi per il lavoro degni di questo nome».
Max Uebe, Comunità Europea: «Il programma Garanzia Giovani è innanzitutto un investimento. Siamo convinti che le spese per prevenire la disoccupazione e l’inattività attraverso la Garanzia Giovani siano minori dei costi cui inevitabilmente si andrebbe incontro, nel tempo, per fornire sussidi e altre spese di natura sociale a sostegno di persone emarginate e scarsamente qualificate».
Agar Brugiavini, Università Ca’ Foscari, Venezia: «La reazione peggiore di una ragazza o un ragazzo colpiti da uno shock negativo, e che subiscono quindi una sequenza di periodi di inattività, è quella di lasciarsi andare o pensare che non hanno speranze. Bisogna costruire competenze prima e continuare a costruirle durante il periodo più difficile».
Scrivono gli autori del libro:
“Nel nostro percorso ci siamo imbattuti in tante esperienze di formazione di qualità che danno la possibilità a chi le frequenta di costruirsi un valido percorso di creazione di competenze per aprirsi a un percorso lavorativo. Tra tante esperienze vogliamo citare quella dell’istituto professionale Meroni di Lissone, uno dei pochissimi istituti italiani, sono meno della metà, a praticare l’alternanza scuola-lavoro, e quella del Cedifop di Palermo, una scuola di metalmeccanica subacquea accreditata dalla Regione Sicilia, ma che non beneficia di contributi regionali e vive quindi delle quote di iscrizione pagate dai giovani e dalle loro famiglie.” Esempio emblematico per la Regione Siciliana.
Continuano gli autori del libro:
“Mentre scriviamo, agosto 2014, 20 allievi si sono già iscritti al corso base che inizia il 20 settembre. Di questi, soltanto tre provengono dalla Sicilia, il resto da un ampio campione di regioni italiane (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lombardia, Valle d’Aosta, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Sardegna, Campania) e persino dall’estero (Grecia)”.
Un testo, quello scritto da Fano, Gambardella e Margiocco, di sicura consultazione anche in Sicilia. Una regione complessa e ricca di grandi potenzialità che deve contrastare con il fenomeno dei ‘Neet’ che tocca l’impressionante cifra di circa 400 mila giovani che non studiano, nel lavorano e non ne cercano e con il Piano della Garanzia Giovani che è partito con 8 mesi di ritardo rispetto al resto della Penisola.
In Sicilia l’impatto dello strumento comunitario di contrasto alla disoccupazione giovanile è stato tremendo. Il Governo regionale si è presentato impreparato a gestire lo start-up del Piano nell’Isola, scontando l’elevata litigiosità tra i partiti della coalizione di maggioranza. In due anni di Governo del presidente Rosario Crocetta, si sono succeduti tre Giunte e, conseguentemente, tre assessori regionali al Lavoro con conseguente cambio di dirigenti generali. Fatto non di poco conto che ha rallentato le procedure per l’attuazione del programma rivolto ai giovani siciliani. Un contro senso se si pensa che la disoccupazione giovanile in Sicilia è tra le più altre d’Europa.
Nell’appendice al richiamato libro è interessante il focus dedicato all’istruzione dei minori.
Gli autori opportunamente si chiedono: “Come può un paese che si disinteressa di alternanza studio-lavoro e investe poco in ricerca e sviluppo dare lavoro ai giovani?”
Dalla illustrazione di alcune tavole e dall’esame di alcuni indicatori, emerge il ritardo del nostro paese che è “quasi sempre in cattiva posizione’.
Gli autori precisano che: “È vero che ci sono forti disparità regionali, ma anche le nostre migliori regioni sembrano ben lontane dai livelli dei paesi che hanno dedicato molte risorse al cosiddetto ‘lifelong learning’ (istruzione e formazione lungo l’intero ciclo di vita), alla ricerca e allo sviluppo e hanno al contempo saputo creare occupazione”.
Anche in questo caso, ahinoi, la Sicilia è notevolmente indietro rispetto al resto d’Italia. Una regione dove eccellenze come Cedifop restano fuori dal flusso dei finanziamenti pubblici ed i percorsi formativi di Istruzione e Formazione professionale (ex Oif) tardano a decollare con indubbie conseguenze sulla dispersione scolastica, la dice lunga sulla necessità di rivedere l’impostazione generale del sistema formativo regionale in un processo di riforma dei Servizi per l’impiego e delle politiche del lavoro. Esempi di esperienze di formazione di qualità che danno la possibilità a chi le frequenta di costruirsi un valido percorso di creazione di competenze per aprirsi a un percorso lavorativo ce ne sono ed è da queste eccellenze che probabilmente occorrerà ripartire.