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domenica 23 aprile 2017

L'importanza della legge 07/2016 della regione Sicilia

di Manos Kouvakis

Il settore dei lavoro subacquei, in Italia, fino al 2016 è stato regolamentato, a livello legislativo, da 3 Decreti Ministeriali, del 1979,1981 e 1982. Ma, andando a vedere il significato del termine "Decreto Ministeriale", su Wikipedia, esso viene definito come "un atto amministrativo emanato da un ministro della Repubblica Italiana nell'ambito delle materie di competenza del suo dicastero, che non ha forza di legge".

Nel mese di Aprile del 2016, è stata promulgata dal presidente della Regione Siciliana la legge regionale n. 7, "Disciplina dei contenuti formativi per l'esercizio delle attività della subacquea industriale", pubblicata sulla Gazzetta ufficiale regionale il 29 aprile successivo, della quale, nella riunione del Consiglio dei ministri n. 121 del 20 giugno 2016, è stata deliberata la non impugnativa. Essa, definisce come "Sommozzatori e lavoratori subacquei" coloro che eseguono, in immersione, attività lavorative subacquee anche in via non esclusiva o in modo non continuativo, operando in acque marittime inshore ed offshore o interne, fuori dall'ambito portuale, specificando che i titoli rilasciati al termine dei percorsi formativi sono soggetti alle procedure e modalità di registrazione e vidimazione previste a livello generale per le attività di formazione professionale ai sensi della vigente disciplina e sono riconoscibili ai sensi della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005 sull'intero territorio comunitario. La stessa legge si propone di regolamentare la formazione degli operatori per le attività fuori dall'ambito portuale, lasciando le attività subacquee in aree portuali agli OTS e al decreto ministeriale del 1979 che li ha creati.

La legge , stabilisce dei percorsi formativi articolati "in tre livelli di qualificazione": di primo livello (inshore diver) o "sommozzatore" per le attività fino ai - 30 metri, di secondo livello (offshore air diver) detto anche di categoria "TOP UP" per le attività fino ai - 50 metri e di terzo livello (offshore sat diver), detto anche di categoria "altofondalista" (saturazione) per le attività oltre i - 50 metri; e prevede l'iscrizione ad un repertorio telematico, gestito dalla regione Sicilia, secondo numerazione progressiva individuale e il rilascio all'iscritto di una card nominativa corredata dei dati integrali di iscrizione, valida per le attività svolte in ambito inshore, offshore o nelle acquee interne, livelli di addestramento nettamente superiori a quelli previsti per coloro che sono iscritti al registro sommozzatori gestito dalle capitanerie di Porto, come OTS, di cui al decreto ministeriale 13 gennaio 1979.

Cosi, mentre il decreto ministeriale del 1979, sancisce l'iscrizione al registro sommozzatori in
servizio locale solo agli operatori che prestano servizio all'interno dei porti, senza un preciso limite di profondità, essendo quest'ultima, nella maggioranza dei casi, circoscritta a pochi metri, l'iscrizione al repertorio telematico della Regione Siciliana, rappresenta il requisito minimo per la corretta applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, recante il testo unico in materia di sicurezza sul lavoro, perché garantisce ai lavoratori un idoneo livello di esperienza volto alla tutela sia del datore di lavoro, in quanto gli garantisce un livello di competenza, affinché possa operare in sicurezza, sia alle istituzioni che attualmente espongono i lavoratori del settore a gravi rischi.
Essendo la legge 07/2016 una legge che stabilisce esclusivamente dei percorsi formativi, validi in tutta Europa, grazie alla direttiva Europea del 2005, la regionalità della legge sta esclusivamente nella gestione, tramite l'Assessorato al Lavoro della Regione Sicilia, del repertorio telematico per il rilascio della card del commercial diver italiano, in base al livello di profondità abilitato dai percorsi formativi, stabiliti dall'articolo 3.2 della legge, a tutti coloro che hanno realizzato dei percorsi formativi, sia in Sicilia che fuori, purché siano in regola con quanto stabilito dall'articolo 3.2 della legge stessa, che stabilisce che i percorsi formativi, validi per l'iscrizione al repertorio telematico " ... devono essere conformi nei contenuti agli standard internazionalmente riconosciuti, con riferimento ai tempi di immersione e di fondo ed alle attività in acqua, dall’International Diving Schools Association (IDSA)..." e continua cosi"...ai controlli che devono essere effettuati per il rispetto di obblighi e requisiti generali in materia di salute, sicurezza ed ambiente (HSE), anche in conformità alle linee guida di International Marine Contractors Association (IMCA)...", cioè stabilisce il numero delle immersioni e le attività in acqua che devono essere eseguite durante i percorsi formativi per avere diritto all'iscrizione al repertorio telematico, regole valide per la prima volta in Italia per tutte le attività svolte, dai lavoratori subacquei, fuori dall'ambito portuale che resta  riservato agli OTS.
Così, tale iscrizione diventa obbligatoria per il rispetto del decreto legislativo n. 81 del 2008, per tutti gli operatori delle aziende che operano fuori dai porti in Italia, come per esempio aziende iscritte nella categoria merceologica "acquacoltura" in acqua di mare, salmastra o lagunare, piccole o grandi imprese di lavori subacquei, ma anche negli impianti offshore, operanti fuori dall'area portuale.
In Italia, la legge regionale è prevista dall'art. 117 della Costituzione ed ha la stessa posizione nella gerarchia delle fonti del diritto della legge ordinaria statale; la legge regionale n. 7 del 2016 della Regione Siciliana, nel pieno rispetto dei principi fondamentali del decreto legislativo n. 81 del 2008, costituisce in Italia l'unico atto legislativo relativo ai contenuti della formazione inerente al settore della subacquea industriale, motivo per il quale la formazione che deve ricevere un lavoratore che effettua un'attività subacquea fuori dall'ambito portuale, affinché si ottemperi ai requisiti previsti dal suddetto decreto legislativo, non può fare riferimento al decreto ministeriale 13 gennaio 1979, che all'art. 2 specifica "I sommozzatori in servizio locale esercitano la loro attività entro l'ambito del porto", ma alla legge regionale siciliana n. 7 del 2016, all'interno della quale vengono definiti i livelli di addestramento e di qualifica, con percorsi formativi minimi, che garantiscono ai lavoratori un idoneo livello di esperienza volto alla tutela sia del datore di lavoro, in quanto gli garantisce un livello "minimo" di competenza per operare in sicurezza, sia alle istituzioni che attualmente espongono i lavoratori del settore a gravi rischi, a causa delle diverse ordinanze emesse per queste attività, dalle molteplici Capitanerie di porto sul territorio nazionale italiano non essendo ancora uniformati alla legge.

Questo è il motivo principale per cui diverse interrogazioni parlamentari sia alla Camera dei Deputati sia al Senato asseriscono che "...di conseguenza, attualmente, soltanto i lavoratori iscritti al repertorio telematico gestito dall'Assessorato per il lavoro della Regione Siciliana e in possesso della card di "commercial diver italiano" possono essere considerati idonei per effettuare un tipo di attività fuori dalle aree portuali...".

Una evoluzione/rivoluzione di un settore che ha aspettato ben 35 anni per avere una sua regolamentazione parlamentare, che stabilisce percorsi formativi idonei a svolgere in sicurezza questo tipo di attività, che coinvolge più di 6.000 aziende in tutto il territorio nazionale e circa 30.000 lavoratori, che operavano fino a ieri con scarse condizioni di sicurezza nei settori delle acquee interne, inshore e offshore.


Una legge che finalmente dà il via all'inizio di un nuovo percorso,  che permetterà a tutta l'Italia di rientrare a fare parte in questo settore ai livelli che le spettano di diritto, ma che sono stati negati negli anni per la mancanza di leggi e  regole certe che finalmente hanno cominciato ad indicarci la strada maestra da seguire in questo settore.

venerdì 21 agosto 2015

Una storia Europea

di Manos Kouvakis

"Non so con quali armi verrà combattuta la Terza guerra mondiale ma la Quarta verrà combattuta con clave e pietre" (Albert Einstein). 

Non so se in questo periodo noi viviamo la terza guerra mondiale, caratterizzata dagli attacchi dei terroristi, l'ISIS, il flusso esasperato di immigrati verso l'Europa, la crisi Ucraina, gli scontri fra la Grecia e la Germania sul terreno dell'Euro, lo scombussolamento climatico, la crisi energetica. Di certo non ci si può aspettare una guerra tradizionale e difficilmente una guerra atomica. Ma di certo c'è una continua escalation di eventi che in sordina ogni giorno influenzano il nostro futuro.

Fatti anche piccoli, che potrebbero essere insignificanti se valutati individualmente, ma collocati al posto giusto e nel modo giusto ci mandano segnali di allarme, quotidianamente, e bisogna capire che è arrivata l'ora di tenere alta la nostra attenzione, la guardia, per cercare di capire cosa c'è dietro tutto questo e in che modo influenza la nostra vita.

Uno di questi fatti, potrebbe essere, anche se in modo poco incisivo nel panorama generale, il problema della Grecia, la sua permanenza nell'euro, il terzo piano di "salvamento" che attualmente viene discusso nei tavoli internazionali e l'opposizione costante e ferrea della Germania.

Si deciderà in questi giorni il terzo piano di salvataggio di 85 miliardi, in cambio di tasse e riforme che vengono chieste alla Grecia di Tsipras. L'UE è d'accordo, ad eccezione della Germania di Angela Merkel che ha insistito sino all'ultimo su una uscita controllata della Grecia dall'Europa, passando poi ad una posizione più "morbida" di un prestito ponte molto più limitato. Intanto la Germania ha concluso una operazione da 1,23 miliardi di €, come riporta l'"efimerida tis kiverniseos" Greca, analoga della nostra GURI, portando due compagnie tedesche, in parte con capitale dello stato germanico, alla gestione di alcuni importanti aeroporti greci per i prossimi 30 anni.

Forse tutto questo potrebbe essere più chiaro facendo alcuni piccoli conteggi: La Germania ad oggi ha beneficiato di un guadagno di circa 100 miliardi di € dai prestiti dati fino ad ora alla Grecia, essi dovranno essere restituiti con tanto di interessi, anche se non particolarmente alti (circa il 2,4%) , ma niente regali.

A ciò si aggiunge che la Germania ha beneficiato nel recente passato anche delle disgrazie altrui, visto che i titoli tedeschi crescevano in modo diametralmente opposto tra i Bund tedeschi e quello delle obbligazioni di Atene. Si è notato, da studi fatti su questo specifico argomento, che ogni notizia valeva circa una 20ina di punti base al giorno, è accaduto anche durante gli ultimi avvenimenti, come al primo il rifiuto di Tsipras sull'accettazione della Troica o quando è stato indetto il referendum, in entrambi i casi il rendimento dei Bund tedeschi è aumentato e quello dei titoli greci è sceso, mentre con l'accettazione da parte della Grecia dell'ultimo memorandum, l'andamento si è invertito.

Il rifiuto e la chiusura della Germania della Merkel è una difesa degli interessi Tedeschi. Ma è questa l'Europa che noi vogliamo? e dove ci porterà tutto questo?

Possiamo a questo punto affermare che la Germania è cresciuta sulle spalle di altri paesi, fingendo d'essere quello che non è, cioè la locomotiva dell'Europa, usando l'EURO in un mercato comune per i suoi scopi, evitando così che altri paesi europei potessero "giocare" con le svalutazioni a loro favore, di volta in volta in una Europa con valute diverse. Mentre cosi, in una Europa dove diversi paesi sono impegnati in liti politiche interne, una Germania più attenta, lasciata libera di agire, trova terreno fertile per sviluppare i suoi programmi individuali.

Non a caso paesi più stabili economicamente come l'UK (sterlina) la Norvegia (Corona norvegese) o la Svezia (Corona svedese) sono rimasti fuori dall'euro.

La Germania nel frattempo aumenta il suo Expo, sfruttando a suo vantaggio, anche la posizione geografica nel centro dell'Europa, mentre i paesi del sud, per lo stesso motivo, diventano non competitivi, e sfrutta l'indebolimento dei paesi limitrofi investendo sull'acquisto dei loro titoli di stato aumentando il loro indebitamento.

In tutto questo va considerato anche il fattore energetico. Il governo tedesco intende approntare un quadro normativo, per regolamentare la fratturazione idraulica per la produzione di gas di scisto, un tipo di gas metano derivato da argille, prodotto a profondità tra 2000 e i 4000 metri e raggiungibile solo attraverso tecniche di perforazione particolari come la fratturazione idraulica. 

Questa estrazione, anche se suscita timori per i rischi ambientali, tenta di aggirare la dipendenza 
dal gas russo, che appare sempre più pericolosamente vicina. Energia prodotta sul posto e non acquistata, ma ha il difetto di costi elevati se confrontati con quelli che il mercato internazionale può offrire oggi, e specialmente quello che potrà offrire domani, cioè una energia a costi più bassi, che creerebbero un forte sbilanciamento delle competitività a discapito della Germania.

Anche qui la Grecia diventa un ostacolo per i tedeschi: i piani di Tsipras e quel gasdotto russo, che il premier greco ha ratificato ultimamente e che porterebbe il gas russo a prezzi bassi in Europa, piano che era stato smantellato in passato con i tentativi di farlo passare dall'Ucraina, a ciò si aggiunge la possibilità dello sfruttamento degli enormi giacimenti che si trovano nei mari della Grecia, e tutto ciò fa paura ai tedeschi.

Una Grecia sana, con una crescita interna, potrà investire e far crescere questi progetti, mentre una Grecia affannata, piena di problemi, difficilmente investirà e farà crescere nell'immediato questo settore, rimandando per anni questo scontro sull'acquisizione dell'energia a prezzi concorrenziali. Alla Germania è quello che attualmente rimane come speranza. E il rifiuto del risanamento del debito greco potrebbe essere letto anche sotto questa ottica.

Ma ormai, nel settore energetico, è cominciata una vera e propria rivoluzione, che non si può fermare ma si può provare a rallentare, nell'arco di una 40ina-50ina di anni creerà un polo formato dai paesi europei Grecia, Italia (Sicilia) Malta e Cipro, a cui si aggiungeranno i paesi Africani ed Asiatici che si affacciano nel Mediterraneo, per lo sfruttamento delle riccissime risorse che si trovano in queste acque, che competerà con l'attuale industria petrolifera del Mare del Nord che è “vicina al collasso” per la diminuzione dei prezzi. Situazione che ha portato ad un continuo taglio del personale per risparmiare soldi. Si considera che quasi nessun progetto nel Mare del Nord è redditizio con il petrolio al di sotto dei 60 dollari al barile (http://www.bbc.co.uk/news/business/market_data/commodities/143908/intraday.stm). Cosi nei giacimenti maturi, si comincia a valutare in prospettiva ipotesi di chiusura, per i costi sempre più elevati dell'estrazione.



Se avrà inizio la produzione nel Mar Mediterraneo, con costi di estrazione molto più bassi, questo darà il colpo di grazia ai produttori e quindi anche alla economia di quei paesi dei mari del nord attualmente coinvolti, da diversi decenni, nell'estrazione con conseguenze drammatiche anche per la loro economia.

Tornando alla Grecia, va anche tenuto in considerazione che può contare su alleati forti oltre oceano, che hanno bisogno di difendere la loro stessa supremazia militare nel mar mediterraneo, garantita da decenni di alleanze con lo stato Greco, vista la particolare posizione geografica che occupa nel mediterraneo. Questo permette al governo greco di "assicurarsi" quelle pressioni politiche che possono cambiare gli equilibri in una situazione che poteva sembrare a senso unico, ma che può trasformarsi in una vittoria se si riuscirà a "tagliare" parte del debito greco, cosa impensabile con i governi Greci precedenti, ma che Tsipras sta rendendo possibile, anche se ha dovuto "sacrificare" diverse concessioni.

Forse Tsipras ha messo nella bilancia i pro e i contro, con una visione che non si limita ad oggi ma guarda al domani, un progetto che vede la prosperità del popolo greco in un domani non molto lontano e sa che i sacrifici che chiede al suo popolo sono indispensabili, obbligatori, e rappresentano l'unica soluzione immediata per raggiungere lo scopo finale. Non si tira indietro. E stranamente il PIL greco ha avuto, a sorpresa, un piccolo cenno in positivo, dopo anni.

Una guerra non dichiarata, ma combattuta aspramente in tutte le sedi e in tutti i modi, da chi, da un fronte e dall'altro, difende i suoi interessi di stato.

Ma è solo fra Grecia e Germania in questo momento la disputa? Certo che no. Lo è fra paesi "attenti" e paesi "distratti" a tutto quello che succede quotidianamente a Bruxelles, quest'ultimi sono quelli che non curano i loro interessi nella sede del parlamento Europeo, specialmente quando in patria ci sono problemi e divisioni politiche. Solo se il "problema" colpisce direttamente loro si fanno sentire, emblematico l'assurgere a problema del tema migratorio solo dopo che ha investito direttamente i Paesi forti dell'UE (Germania, Francia, Inghilterra), mentre fino ad ieri il tema era solo ed esclusivamente considerato di periferia. 

Questa è l'Europa dove oggi noi viviamo. Ma è l'Europa che vogliamo?

Forse la protesta di Tsipras, ha seminato oggi un seme che se riuscirà a crescere, porterà presto un cambio di vento, verso una direzione più favorevole a tutti noi, ma dobbiamo remare insieme.