di MARCELLO TOJA
Fa impressione vedere il circuito del sangue nel suo insieme e pensare che le bolle si formano lì, anche nei capillari più piccoli
Giornalista delle attività subacquee, padre della rinascita di ben tre edizioni della rivista Mondo Sommerso, ideatore e poi direttore della rivista Immersione Rapida tascabile e, successivamente, Mare; collaboratore della Marina Militare Italiana, sommozzatore per 45 anni, credo di aver tutte le carte in regola per sostenere quanto vi dirò in quest’articolo, che intendo regalare a quei subacquei che hanno seguito tutti i miei alti e bassi nel “serpentino” mondo delle riviste del mare.
Premesso che non sono né un medico né un tecnico di laboratorio, che tutto quanto sto per scrivere è frutto solo della mia esperienza pratica e teorica di giornalista del mare e delle attività subacquee; ecco quella che giudico una mia piccola personale “scoperta”, che potrebbe rivoluzionare tutto ciò che sapete in termini di decompressione e di bolle asintomatiche.
Quello che è stato scritto negli ultimi anni sulla decompressione, sui tessuti e sulle tabelle di decompressione è basato su concetti che hanno senso solo se si accetta la tesi, molto reale, che un subacqueo sportivo in decompressione è un malato di MDD che non presenta sintomi eclatanti, e che la tabella che sta seguendo impedisce (quando lo fa) che i problemi causati dalla produzione di bolle vengano violentemente alla luce.
Un metodo che funziona… quasi sempre, appunto… quasi sempre.
C’è purtroppo il fattore sorpresa, il caso apparentemente inspiegabile che vede due subacquei che hanno fatto la stessa immersione e relativa decompressione, uno stare bene e l’altro finire in camera iperbarica con una grave embolia (mia esperienza personale). Che cosa non ha funzionato nel secondo?
Siamo tutti differenti e unici e sappiamo che le condizioni fisiche del momento influenzano pesantemente la riuscita di una decompressione, ma perché?
Semplicemente perché la quantità di bolle che un individuo può smaltire attraverso il suo filtro polmonare senza essere colpito da un’evidente malattia da decompressione è fissa, mentre la quantità di bolle prodotta ad ogni immersione è variabile e dipende da fattori apparentemente incontrollabili e incalcolabili. Gli ultimi esperimenti, e in particolare quelli di AlfO Brubakk in Norvegia, facenti seguito a quelli di Vann nel 1980, e di molti altri, hanno evidenziato che tale quantità di bolle dipende dai micronuclei gassosi presenti nell’endotelio delle vene; di tutte le vene del circuito venoso di un individuo.
Tanti micro nuclei gassosi, tante bolle.
Ma che ci azzecca questo con la teoria dei tessuti lenti e veloci? Che cosa è un tessuto lento?
Semplicemente una parte del nostro corpo irrorata da arterie e vene capillari (microscopiche) ed è facile immaginare che le bolle, le immancabili bolle, facciano fatica a scaricarsi attraverso quel circuito. Se potessimo eliminarle, anzi, non produrle proprio, non ci interesserebbero più né i tessuti lenti né i tessuti veloci e la decompressione resterebbe nei ricordi dei vecchi subacquei.
Sappiamo che lo spessore di un giornalista è determinato dall’attendibilità delle sue fonti e che le stesse devono essere protette per una regola imprescindibile della deontologia professionale.
Ebbene, una delle mie fonti più qualificate in tema di decompressione (è ovvio che sto parlando di un famoso medico iperbarico) mi ha confidato quanto segue: nell’ambito di una esercitazione NATO, due medici iperbarici hanno erroneamente riportato alla pressione normale, una provetta di sangue prelevato dalle vene di un subacqueo che stava in saturazione a – 300 metri. L’operazione sbagliata, eseguita attraverso una mini garitta che metteva in comunicazione l’interno dell’impianto di saturazione con l’esterno poteva, anzi doveva, risultare disastrosa.
I due medici si aspettavano come minimo un’esplosione della provetta, ma non è successo nulla.
Il sangue in saturazione a – 300 metri portato erroneamente alla pressione di 1 Bar, in un istante, non solo non è esploso, ma non ha prodotto nulla, nemmeno una bolla.
Orbene, il sangue è il tessuto più veloce nella teoria delle tabelle di decompressione, più veloce nel saturarsi e, ovviamente, più veloce nel desaturarsi.
Un accadimento singolare no?
Che mette in discussione tutte le teorie sulla decompressione o no?
I due medici in questione (allibiti) si sono chiesti ovviamente perché non è successo nulla e che differenza passava fra il sangue nelle vene e il sangue in quella provetta di vetro e la risposta è stata una sola: nel sangue in provetta non era presente l’endotelio, cioè quella parete all’interno delle vene che trattiene e incorpora i micronuclei gassosi.
Va anche sottolineato che la condizione di “saturazione” (stabile) è ben differente dalla condizione di “in desaturazione” (instabile).
Se il sangue di quel sommozzatore fosse stato prelevato durante la decompressione sono certo che la provetta sarebbe esplosa, per le immancabili bolle prodotte dalle vene del soggetto e presenti nella provetta.
Dunque, è realistico dedurre che se eliminiamo i micro nuclei gassosi prima della decompressione, eliminiamo anche le bolle.
Vann nei suoi esperimenti bombardava i micronuclei gassosi distruggendoli, con metodi improponibili nei confronti di cavie umane.
Brubakk ha invece abbracciato la tesi dell’ossido nitrico che all’nterno del sistema venoso è capace di rimuovere i micro nuclei gassosi svolgendo un vero e proprio lavoro di pulizia.
Brubakk ha anche accertato che i metodi per generare l’ossido nitrico all’interno del sistema arterio/venoso, sono diversi:
– ginnastica energica 24 ore prima dell’immersione
– assunzione di ossigeno puro 30 minuti prima dell’immersione
Tutti metodi empirici o comunque complicati (non è così semplice portarsi dietro l’ossigeno puro e respirarlo prima di un’immersione o tantomeno fare ginnastica tutte le sere che precedono un’immersione, fermo restando che si rischia di ottenere solo delle variabili in più).
Servirebbe qualcosa di più semplice e pratico e qui arrivo io con la mia singolare “scoperta”.
Tanto per la cronaca, l’ossido nitrico che fino a pochi anni fa era considerato una sostanza pericolosa, ha già dato due premi Nobel a dei ricercatori, ed è la sostanza che salva i malati di Angina pectoris, con l’assunzione per via orale della nitroglicerina.
Consapevole di queste indiscutibili realtà, stavo un giorno consultando la posta nel mio computer, quando l’occhio mi è caduto su una proposta pubblicitaria che parlava di un viagra tutto naturale, cioè realizzato con “prodotti” della natura.
L’editoriale che vi propongo è stato pubblicato su uno dei numeri della rivista Mare che mi onoro di aver creato e diretto, ecco la parte che c’interessa:
omissis…Un giorno, mentre stavo inserendo i soliti mille messaggi indesiderati nel cestino del mio computer vidi una pubblicità: “ bla, bla bla… pastigliette blu, si proprio quelle che pensate, ma per la prima volta leggevo – tutto naturale.
Per curiosità andai a leggere in rete i componenti di quel mirabolante farmaco naturale capace di far risorgere, ehem… il biscaro a coloro che l’hanno un po’ debolino e fortunosamente, mi trovai innanzi alla formula di composizione del preparato, ovviamente senza le percentuali e, a fianco dei vari componenti, il compito che svolgevano nel corpo umano.
Appresi così per la prima volta, che la vitamina B6 e l’Arginina insieme servivano a fluidificare la circolazione sanguigna ripulendo l’endotelio e cioè la “guaina” interna delle vene.
Andai per farmacie e constatai che ben tre differenti farmacisti, non avevano mai sentito parlare di un utilizzo della vitamina B6 per fluidificare la circolazione del sangue.
Certamente, l’industria di quel viagra, al contrario di quella subacquea, aveva avuto i soldi per fare le necessarie ricerche dati i lucrosi guadagni del settore (beati loro).
Partendo dalla mia semplice conoscenza degli espe- rimenti portati a termine da Vann negli anni ‘80 per eliminare i micronuclei gassosi dall’endotelio dei topi, bombardandoli con colpi di alta pressione, e a seguito della lettura delle ricerche di AlfO Brubakk, consigliatemi dal prof. Fabio Faralli, ho cominciato a credere che potesse esistere un metodo più comodo della deco in O2 a sei metri (finestra ossigeno)per eliminare le ormai famose “silent bubble”.
Ebbene quello che vi riporto è il breve scambio epistolare che si è svolto fra lo scrivente e una guida subacquea del Mar Rosso dell’età di cinquant’anni, che da molti anni soffriva di sintomi attribuibili esclusivamente alle (cosiddette) bolle asintomatiche. Va spiegato, che nella prima parte dello scambio epistolare fra me e l’istruttrice subacquea, che non riporto, consigliavo a “bollicine” questo il suo nikname, di ingurgitare vitamina B6 e Arginina, nelle percentuali rispettivamente di 300 mg e 500 mg, trenta minuti prima dell’immersione. (bollicine)…eccomi qua, ieri 2 immersioni in eanx 32 massima 18-16 m, alla sera ricomincia il prurito e di notte mi sono svegliata con un giramento di testa, e non è mal di terra perché se vado solo in barca per fare la guida snorkeling alla sera non ho un bel niente.
(bollicine)…stamattina ho preso 1 pastiglia di Benadon (vitamina B6)da 300mg e una di Arginina di 500 mg, come mi hai consigliato, mezzora prima di immergermi la prima volta della giornata. In totale, 2 immersioni in eanx 32 a 30 e 20 metri… ebbene sono qui con solo 2 episodi di prurito limitatissimi e la testa più leggera, domani proseguo con le stesse dosi, Dir sei un grande!!! (direttore) raddoppia la dose 30 minuti prima dell’immersione e fammi sapere…
(bollicine) tre giorni dopo l’inizio di assunzione di B6 e arginina e un giorno dopo il raddoppio della dose:
perfetto, io sono a posto, tornata pulita come vent’anni fa, nessun disturbo, stanchezza normale, testa libera, udito perfetto, riesco anche a fare calcoli a mente dopo le immersioni, prurito sparito, la dose che sto prendendo al giorno: 2 pastiglie di Benadon (vitamina B6) da 300 mg e 2 capsule di Amino Arginina da 500 mg, 30 minuti prima della prima immersione (2 immersioni al giorno in eanx 32 da 1 ora ciascuna con intervallo di 1ora e 30). Ogni sintomo è scomparso.
Non so come ringraziarti Dir…
(direttore) tienici informati è molto importante…
Ognuno tragga le conclusioni che vuole, questi sono i fatti.
Sottolineo che sia la vitamina B6 che l’Arginina, sono sostanze naturali (aminoacidi) che vengono normalmente somministrati senza alcuna ricetta medica.
È importante evidenziare che grazie a quella formula, l’accompagnatrice in questione ha fatto tutta la stagione senza più aver avuto alcun problema (questo ci ha comunicato), ed è anche importante sottolineare che era in cura da cinque anni con medici iperbarici tradizionali senza aver avuto alcun miglioramento.
Ora vi domanderete: perché tutto quanto io sto scrivendo, che è verità sacrosanta, non ha prodotto nei medici iperbarici una reazione?
Ecco la risposta: in medicina qualunque modifica ai concetti generali deve passare attraverso una sperimentazione che come minimo dura anni; coinvolge cavie e poi soggetti umani e costa molti soldi e quei soldi per la subacquea sportiva non ci sono, non ci sono mai stati e non ci saranno forse mai.
Gli O.T.S., vista la mancanza di sicurezza determinata dalle tabelle, hanno gettato la spugna e lavorano solo e sempre in saturazione a partire dai venti metri.
Chi potrebbe investire dei soldi per una categoria limitrofa come la subacquea sportiva, che non produce ricchezza? Nessuno.
Infatti, la medicina iperbarica sportiva è talmente statica che lo scrivente dopo due anni che erano state pubblicate le tabelle US Navy revisione numero 6, ha fatto presente a tutto l’ambiente che non era più prevista la tappa a tre metri.
Gli iperbarici dormivano, e un medico iperbarico si è messo a fare esperienze con le tabelle US Navy 6, solo dopo la comunicazione che lo scrivente ha dato attraverso il suo giornale www.marescoop.com. Tutto quello che sto scrivendo come sempre è vero, e se necessiterà, sarà anche dimostrabile.
Esistono date e pezze scritte che sono inconfutabili.
È questa la vera ragione del silenzio che grava sugli esperimenti di AlfO Brubakk, che con i topi ha dimostrato l’efficienza dell’ossido nitrico nei confronti dei micronuclei gassosi dell’endotelio.
Non essendoci il denaro per fare le ricerche, si preferisce tacere. Ci sono poi anche in ballo questioni economiche e carriere professionali che potrebbero risentire pesantemente di questa nuova realtà.
Ossido nitrico: sentirete ancora molto parlare di lui, visto che è anche la risposta alla mancanza di erezione. Il viagra infatti, prevalentemente, produce ossido nitrico, che elimina i micronuclei gassosi dell’endotelio e facilita la circolazione sanguigna, favorendo l’erezione.
Ho presentato queste valutazioni e gli accadimenti sopra descritti, anche al presidente di un circolo subacqueo spagnolo, pensando che magari fuori dall’Italia avrei trovato maggiore sensibilità.
È risultato molto colpito da quello che dicevo, ma il suo vero obiettivo era quello di farmi notare quanto grandi erano le barche che aveva acquistato per portare sott’acqua i sub.
Ho perso due ore del mio prezioso tempo per spiegare a quell’imbecille quello che avevo appreso e sapete che cosa ha detto all’amico comune che mi ha presentato a lui?
«Interessante».
Io credo che quanto ho scritto in queste pagine, equivalga per la subacquea, alla scoperta dell’America e voi lo giudicate interessante?
Scoprire che l’assunzione di due pillole e la conseguente produzione di ossido nitrico nel circuito venoso elimina i micronuclei gassosi e potrebbe in futuro annullare la decompressione con tutti i suoi rischi e problemi è solo interessante?
Pensare che con semplici aminoacidi somministrati 30 minuti prima dell’immersione si possano eliminare, quanto minimo, tutti i problemi determinati dalle silent bubblesè solo interessante?
Fortunatamente quello che io vi ho scritto oggi resterà, e nessuno in futuro potrà fingere di non sapere.
Correre avanti agli anni è un compito duro e per nulla redditizio ed è sempre stato naturalmente il mio, in ogni campo professionale dove mi sono speso.
Chissà, forse un giorno qualcuno dirà: Marcello Toja l’aveva scritto nel febbraio del 2016, su marescoop.
Se invece attenderete che la medicina iperbarica vi autorizzi a prendere le pastiglie di B6 e Arginina prima dell’immersione o faccia le necessarie ricerche per stabilire qual è la dose di aminoacidi da prendere per evitare la decompressione, dovrete munirvi di molta, molta pazienza.
Passeranno anni, forse decenni.
Intanto se avete problemi dopo l’immersione determinati chiaramente dalle cosiddette silent bubbles, come: pruriti, macchie color vino, disturbi visivi, emicrania, inappetenza, depressione psichica eccetera, provate le pastiglie che vi ho consigliato. Non rischiate nulla e starete meglio.
Naturalmente continuerete a fare la solita immersione e decompressione, senza cambiare nulla. Eliminerete solo le silent bubble, dato che per il momento nessuno vuole o può prendersi la briga di fare delle ricerche approfondite.
Cominciate con Benadon (B6) 300 mg e Amino arginina 500 mg mezzora prima dell’immersione (tassativo)e se non eliminate tutti i problemi fate come (bollicine) raddoppiate… invece di lasciare.
Bollicine, non sapeva come ringraziarmi… a voi potrei suggerire una statua dello scrivente in Piazza del Duomo a Milano?
Scherzi a parte, vi auguro tante belle immersioni.
Affiderò questo scritto anche alla scuola subacquea professionale Ce.Di.Fo.P di Palermo perché sono certo che contribuirà alla sua diffusione.
Manos Kouvakis, il suo direttore, lotta da anni per affermare che anche in Italia possa esistere una grande scuola professionale per OTS e non si lascerà certo intimidire, dai soliti noti.
Concludo sottolineando che il fatto che l’Arginina agisse positivamente nei confronti della formazione di bolle dopo un’immersione era già noto e in fase di studio, ma l’aggiunta della vitamina B6 è una vera primizia che ci ha inconsapevolmente regalato il “tiramisù” tutto naturale e sembra proprio che funzioni.
Il vostro Dir anche detto (delfino bianco) vi saluta, insieme ai fantasmi dei cari e insostituibili amici scomparsi: Raimondo Bucher e Jacques Maiol, uomini che come me credevano in una subacquea sportiva che purtroppo non hanno, anzi, non abbiamo potuto vedere.