CEDIFOP

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le foto si riferiscono alle attività del CEDIFOP, nei vari livelli di addestramento

mercoledì 1 gennaio 2014

L’importanza dei riconoscimenti IMCA nelle certificazioni di Commercial Diver (Parte III: Esperti divers IMCA)

(di Manos Kouvakis)

Nelle news precedenti abbiamo parlato delle quattro certificazioni IMCA (supervisor basso ed alto fondale, LST e DM) e dei paesi che rientrano nel documento IMCA D 11/13 (ultima versione). Analizzeremo ora il sistema che IMCA propone per quei paesi che non rientrano in questo documento.

Intanto va sottolineato che l’inserimento nel documento IMCA è solo un inserimento di carattere “geografico” del paese, dove, secondo IMCA, esiste un procedimento governativo preciso sul controllo e la certificazione di un percorso formativo a prescindere dal livello e dai contenuti (vedi esempi di Brasile o UK), come si legge in un documento IMCA del 11/09/2013: “IMCA’s list of recognised diver qualifications only includes qualifications approved by government bodies.”

Per i paesi che non rientrano in questo documento, nei quali IMCA non riconosce un preciso coinvolgimento delle autorità competenti nel controllare i percorsi formativi secondo standard ben precisi, IMCA ha previsto una valutazione delle competenze per quei subacquei che hanno maturato negli anni una cospicua esperienza lavorativa nel settore (documento IMCA D06/00 e similari).

Come sottolineato nel documento “Diving Division Information Note” D 20/99, e nel documento “Competence Assessment of Experienced Surface Supplied Divers” D 26/01, IMCA è stata coinvolta in accordi di sviluppo per la valutazione di alcuni subacquei con una vasta esperienza di immersione, anche se non hanno qualifiche conseguite secondo percorsi formativi realizzati sotto la supervisione dello stato di provenienza, incaricando le uniche quattro organizzazioni attualmente autorizzate di valutare la capacità dei diver e rilasciare la certificazione IMCA adeguata, queste organizzazioni (riportane nel documento IMCA D11/13) sono:
  1. Diving Diseases Research Centre, (DDRC) situato vicino al Derriford Hospital di Plymouth. Si tratta di un ente di beneficienza registrato, fondato nel 1980 avente nei suoi obiettivi la ricerca degli effetti delle immersioni sulla fisiologia umana e la salute. Il DDRC è diventato un'autorità mondiale sui trattamenti medici iperbarici, con numerose pubblicazioni sull’argomento.
  2. Interdive, Full Member IDSA, con sede principale a Plymouth (UK) e sedi periferiche in Spagna (Alicante) e negli Emirati Arabi Uniti, in Italia attualmente Interdive ha stipulato un accordo di collaborazione con il CEDIFOP.
  3.  KB Associates Full member IDSA con sede a Singapore e
  4. National Hyperbaric Centre (NHC) con sede ad Aberdeen (Scozia), che fornisce consulenze e servizi alle società che ne fanno richiesta nel settore della subacquea industriale. 
I Diver che completano con successo il programma di valutazione, ricevono un certificato numerato, recante la fotografia della persona - il certificato riporta la dicitura “riconosciuto IMCA”.

La valutazione delle competenze dei subacquei non deve essere considerata come un'alternativa alla formazione iniziale e alla qualificazione dei diver. Tale valutazione è dedicata solo ai subacquei che hanno molti anni di esperienza, ma che provengono da paesi dove non esiste un sistema nazionale di riconoscimento delle qualifiche, quindi esclusivamente per quei paesi non inclusi nel Documento D11/13. Anche se IMCA ritaglia per se stessa un ruolo nella valutazione degli esperti commercial diver, (che non hanno una qualifica rilasciata nei paesi riportati nel documento D11/13), dichiara di non volere intervenire nell’approvazione della formazione di base di un subacqueo laddove esiste una legislazione nazionale vigente, perché IMCA ritiene che questo tipo di procedure deve rimanere di competenza degli organismi governativi o delle agenzie autorizzate dai governi (ad esempio ACDE-USA). IMCA si propone dove è possibile e dove manca un riconoscimento governativo, di riconoscere l’esperienza dei diver con certificati di addestramento subacqueo rilasciati da uno dei quattro organismi che essa stessa ha autorizzato come specificato nel Documento IMCA Codice internazionale di condotta per Offshore Diving.

Per poter utilizzare questa procedura, IMCA ha stabilito delle regole ben precise, ecco alcune di esse:

  • questa certificazione può essere chiesta solo dalle aziende che sono Full Member IMCA per i loro sommozzatori, presso la propria sede legale dove avviene la verifica delle competenze per ottenere la certificazione, 
  • i sommozzatori sottoposti a tale valutazione devono essere impiegati presso la società full member IMCA da almeno 6 mesi dalla data delle verifica, 
  • i sommozzatori per partecipare a questa valutazione devono avere una esperienza di almeno 4 anni di attività in offshore, 
  • la valutazione riguarda solo il livello di Surface Supplied (esclude SCUBA e saturazione) 

questa procedura si applica solo per i paesi che non rientrano nel documento D 11/13 dell’IMCA, cioè per i paesi dove non esiste una legislazione nazionale che individua criteri di formazione ben precisi stabiliti dallo stato stesso, per le qualificazioni un’altra delle condizioni, di accesso alla valutazione, richieste i subacquei stabilisce che essi devono avere minimo 150 immersioni in offshore, certificati nel LogBook personale, con l’utilizzo di muta ad acqua calda, campana aperta, decompressione in acqua, ecc., 

L' attrezzatura da utilizzare durante la valutazione deve essere conforme alle linee guida IMCA, ecc… 

E’ molto importante sottolineare che questo tipo di certificazione va eseguito presso l’azienda richiedente, nel paese dove l’azienda ha la sede legale, per il suo personale. Le quattro organizzazioni sopra menzionate, procedono con una prima prevalutazione basata su prove documentali dei requisiti minimi richiesti, per procedere successivamente ad una procedura di valutazione formale che comprende la valutazione teorica e pratica . 

Tutte le apparecchiature utilizzate devono soddisfare pienamente i requisiti dei documenti IMCA D 018 – “Code of Practice for The Initial and Periodic Examination, Testing and Certification of Diving Plant and Equipment” - e IMCA D 023 – “Diving Equipment Systems Inspection Guidance Note - DESIGN for Surface Oriented (Air) Diving Systems”.

L’organizzazione che effettua la valutazione, (uno dei quattro enti in precedenza citati) deve verificare questo, prima di iniziare la valutazione del personale dell’azienda.

La valutazione si basa su norme IDSA - moduli A (Preparatory), C (Surface Supplied Inshore Air Diver) e D (Surface Supplied Offshore Air Diver).

Sono previsti almeno 6 giorni con lezioni di teoria in aula ed immersioni in acqua. Ogni esercitazione pratica deve essere valutata in almeno due occasioni separate. Sono previste due immersioni separate, ad una profondità superiore a 30 metri, utilizzando una campana aperta, con almeno una immersione ad una profondità superiore a 40 metri con un tempo di fondo di almeno dieci minuti .

E' importante che i datori di lavoro ed i clienti siano in grado di riconoscere il certificato approvato IMCA e non confonderlo con altri certificati . E ' anche importante che racconta un datore di lavoro dalla certificazione possa desumere le competenze riconosciute al diver. Per questo motivo il certificato, testo e formato, devono essere concordati con IMCA, la quale rilascia all’azienda le certificazioni del personale essendo essa il committente, e non ai singoli diver, infatti il certificato, oltre al nome del diver riporta anche il nome dell’azienda che ha chiesto la certificazione e la lingua utilizzata dal subacqueo durante la valutazione.

Dettagliati resoconti scritti di ogni fase della valutazione devono essere mantenute presso l’ente di valutazione autorizzato da IMCA, per almeno 3 anni, consultabili a richiesta da IMCA. In caso di non superamento delle prove di valutazione, l’ente valutatore produce una relazione circa l’esclusione del diver. 

A questo tipo di certificazione non possono partecipare diver che hanno la cittadinanza di quei paesi inseriti nel documento D 11/13, a tal fine IMCA richiede che vengano esaminati prima delle valutazioni i passaporti di ciascun partecipante.

Vincoli e limitazioni inseriti da IMCA nelle procedure attuative, rendono l’accesso a tale riconoscimento alquanto difficoltoso, ma attualmente è l’unica via per realizzare certificazioni riconosciute da IMCA negli stati non presenti nel documento D 11/13 .

In Italia la legislazione vigente, come i DM 1979/1981 e 1982, non rientra fra quello che IMCA richiede, semplicemente perché tale legislazione è dichiaratamente finalizzata solo ad immersioni all’interno delle aree portuali e non per l’offshore diving.

Inoltre, la mancata legislazione a livello nazionale, o le proposte legislative che abbracciano sia la subacquea industriale che quella sportiva ricreativa, non hanno mai aiutato a trovare una soluzione a questo problema, anche se tentativi vari sono stati fatti negli ultimi decenni.

Lo stesso si può dire anche della normativa UNI 11366 del 2010, che essendo una norma, non potrà mai definita o trasformata in legge, anche se potrebbe diventare uno strumento di regolamentazione importante per le immersioni in offshore, ma anche in questo caso solo la norma non può essere utile, in questo momento, per la risoluzione di questo problema.

Lo stesso possiamo dire anche delle ordinanze che diverse capitanerie ad oggi hanno emanato per estendere l’applicabilità del DM del 1979 anche al di fuori delle aree portuali, ma non essendo leggi, esse possono essere ritrasformate immediatamente con una successiva ordinanza che revoca o trasforma l’ordinanza iniziale (vedi ad esempio l’ordinanza 50/2010 della Capitaneria di Porto di Palermo modificata/integrata dall’ordinanza 91/2013).

Nel nome dell’ottimismo, si spera che alcune delle iniziative a cui si lavora da parecchio tempo ormai, portino a breve a soluzioni adeguate per potere inserire, anche l’Italia nella lista dell’IMCA a partire dal 2014. Per ora si spera … e si lavora per ottenere quel risultato, perché noi crediamo che l’Italia abbia il pieno diritto di essere fra i paesi menzionati nel documento D 11/13 dell’IMCA.

domenica 8 dicembre 2013

Trasferita in data 21/01/2014 l'udienza al TAR Sicilia del CEDIFOP contro la Regione Sicilia/Assessorato alla Formazione Professionale, relativa all'avviso 20

Trasferita dal 22/10/2013 al 21/01/2014 l'udienza per la discussione di merito, al TAR Sicilia del CEDIFOP contro la Regione Sicilia/Assessorato alla Formazione Professionale, relativa all'avviso 20. CEDIFOP sostiene che le graduatorie sono state falsificate, con l'inserimento di un criterio di esclusione NON PREVISTO NEL BANDO (pagina 19 del bando) da parte del nucleo di valutazione. Questa frase è riportata nella sentenza della Camera di Consiglio del TAR in data 27/07/2012 "... Ritenuto che, ai fini della successiva decisione in sede di merito, sia necessario acquisire dall’Assessorato regionale dell’istruzione e della formazione professionale della Regione n. 4 copie conformi all’originale della versione definitiva dell’avviso pubblico n. 20/2011 ravvisandosi delle incongruenze tra la copia prodotta in giudizio dalla ricorrente e quella prodotta in giudizio dall’Avvocatura erariale (v. art. 8, pag. 19), assegnando termine di giorni quindici (15) dalla comunicazione in via amministrativa, o dalla notificazione, se anteriore, della presente ordinanza, per il deposito, presso la Segreteria del T.a.r., dei documenti richiesti ..."




FP in sicilia come attività criminale

riportiamo dai siti:
http://www.uglscuolapalermo.it/drupal/node/5294
http://parcodeinebrodi.blogspot.it/2013/10/formazione-professionale-in-sicilia.html
http://www.formazioneprofessionalesicilia.it/joomla/ultime/fp-in-sicilia-come-attivita-criminale


Per capire cosa è stata la FP affidata ai privati in Sicilia, bisogna partire da alcuni numeri:

a 400 Enti di FP sono stati attribuiti ogni anno 260 milioni di euro, pari a 650.000 euro a Centro in media. Alle 900 scuole statali siciliane sono statiattribuiti 32 milioni di euro, pari a 36.000 euro per scuola in media. I CFP hanno assunto 7.500 dipendenti senza concorso pubblico per un costo gravante prima sulla Regione e poi sui Fondi Europei di 206 milioni annui. Le Procure Siciliane hanno accertato l’esistenza di 200 corsi fantasma e di 140 milioni andati in fumo, in un contesto di “controlli impossibili”.

Le Forze dell’ordine hanno trovato numerosi registri di corsi con firme false di studenti fantasma, firme naturalmente falsificate col consenso dei dipendenti e dei docenti.

Nonostante fosse prescritto il numero minimo di 20 alunni per corso, la Magistratura ha verificato che settanta corsi con meno di cinque allievi sono costati alla Regione 3,1 milioni di euro. A Catania, dove la Magistratura ha operato 10 arresti, 1,5 milioni sono serviti a pagare dipendenti immaginari. Tra i dipendenti figurano la moglie e la cognata del Governatore Lombardo. Sempre a Catania la Guardia di Finanza ha accusato Anfe, Iraps, Anfes e Issvir di aver truffato 9 milioni di euro per prestazioni di lavoro mai avvenute e 5 mln per spese fittizie documentate con fatture false. I maggiori beneficiari dei finanziamenti sulla formazione a Catania sono stati i gestori di stabilimenti balneari Giuseppe Saffo e Francesco Cavallaro che pagavano i dipendenti degli stabilimenti come formatori e che costrinsero i docenti a passare dall’INPS a una società assicuratrice di comodo dove si scoprì non vennero mai versati i contributi per il TFR. Il CFP Ciapi ha pagato 4 mln di euro a società di comodo per fare pubblicità per corsi già conclusi. I CFP vicini all’On. Genovese, del PD, hanno ricevuto finanziamenti per 33 mln di euro e una parte di questi soldi sono finiti nell’acquisto di gioielli e auto di lusso.

Qualcuno si chiederà come mai nessun ispettore regionale abbia trovato qualcosa da ridire su questa gestione criminale della formazione, venuta a galla da ispettori mandati da Bruxelles e da lettere anonime spedite alle Procure e alla Guardia di Finanza. Citiamo a caso l’operato di Maria Trovato, dipendente dell’Ispettorato Provinciale del lavoro di Catania che ha dato il nulla osta a trenta progetti la cui rendicontazione era incompatibile con l’erogazione dei fondi europei. I figli della Trovato lavoravano negli Enti sottoposti al suo controllo. Tutto questo e altro ancora è avvenuto mentre si negavano le risorse ai Cfp salesiani di grande tradizione e di grande qualità, mentre si escludeva dal finanziamento il CEDIFOP, ente di formazione eccellente per palombari accreditato persino in Norvegia (quando arrivano grandi navi a Palermo per la manutenzione, come la Nave Solitaire, è necessario far arrivare i palombari dall’Olanda), o gli istituti tecnici e professionali statali che avevano fatto richiesta di tenere corsi. Il paradosso del crimine raggiunge l’apice quando si escludono alcuni istituti statali perché non hanno prodotto il certificato antimafia.

Adesso alcuni Centri di Formazione sono commissariati e i commissari, privi della copertura finanziaria, licenziano il personale. Ma la Magistratura del lavoro li reintegra prontamente. I Commissari sono quindi costretti a riassumerli senza assegnare loro incarichi e pagandoli a vuoto contraendo debiti che non potranno essere ripianati. Pubblichiamo sotto una lettera che documenta quanto affermiamo.

A questo punto ci sembra necessario che Bruxelles eviti di continuare a mandare soldi a una Regione Siciliana che non possiede strutture tecniche e amministrative in grado di gestire con onestà e competenza le risorse economiche. Tutti questi soldi vanno a finire a organizzazioni politico-sindacal-affaristiche che nulla hanno a che vedere con lo sviluppo del mondo produttivo siciliano.

Roberto Tripodi
Presidente regionale ASASI

sabato 23 novembre 2013

L’importanza dei riconoscimenti IMCA nelle certificazioni di Commercial Diver (Parte II: Riconoscimenti indiretti)

(di Manos Kouvakis)


La Legge 21 dicembre 1978, n. 845 (Legge-quadro in materia di formazione professionale) specifica che la Repubblica Italiana promuove la formazione e l'elevazione professionale in attuazione degli articoli 3, 4, 35 e 38 della Costituzione, al fine di rendere effettivo il diritto al lavoro ed alla sua libera scelta e di favorire la crescita della personalità dei lavoratori attraverso l'acquisizione di una cultura professionale.

Nella legge viene specificato che le regioni esercitano la potestà legislativa in materia di orientamento e di formazione professionale, ottemperando ad una serie di obblighi ben precisi fra cui quello di adeguare la propria normativa a quella internazionale e comunitaria ed attenersi alla normativa nazionale in materia di contenuti tecnici e di obiettivi formativi e culturali delle iniziative. Le regioni, attenendosi alle finalità e ai principi, provvedono a disciplinare con proprie leggi la programmazione, l'attuazione e il finanziamento delle attività di formazione professionale e le modalità per il conseguimento degli obiettivi formativi relativi alle qualifiche, stabilendo gli indirizzi della programmazione didattica delle attività di formazione professionale.

Al termine dei corsi di formazione professionale volti al conseguimento di una qualifica, gli allievi che vi abbiano regolarmente partecipato sono ammessi alle prove finali per l'accertamento dell'idoneità conseguita. Tali prove finali, devono essere svolte di fronte a commissioni esaminatrici, composte nei modi previsti dalle leggi regionali, delle quali dovranno comunque far parte esperti designati dalle amministrazioni periferiche del Ministero della pubblica istruzione e del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Con il superamento delle prove finali gli allievi conseguono attestati, rilasciati dalle regioni, in base ai quali gli uffici di collocamento assegnano le qualifiche valide ai fini dell'avviamento al lavoro e dell'inquadramento aziendale. Gli attestati di cui sopra costituiscono titolo per l'ammissione ai pubblici concorsi.

Gli enti operanti nella formazione professionale possono stipulare convenzioni con le imprese per la effettuazione presso di esse di periodi di tirocinio pratico e di esperienza, con la precisazione che le attività formative sono finalizzate all'apprendimento e non a scopi di produzione aziendale.

Foto dal corso TOP UP 2013 del CEDIFOP


Nell'esercizio delle rispettive funzioni in materia di formazione professionale, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e le regioni hanno facoltà di avvalersi dell'assistenza tecnica dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (ISFOL).

In Italia le regioni a statuto speciale hanno una particolare forma di attività legislativa, esse possono legiferare nel proprio territorio con la limitazione di un controllo, da un apposito organismo statale, per evitare che le leggi regionali siano in conflitto con le leggi dello Stato unitario, ma diversamente dalle regioni a statuto ordinario, nella regione Sicilia, tutti i documenti pubblici riportano in intestazione la dicitura “Repubblica Italiana”. Queste regioni esercitano tre tipi di potestà legislativa:
  • a) potestà esclusiva, che è la più caratteristica,
  • b) potestà legislativa concorrente,
  • c) potestà integrativa e attuativa

La Regione Sicilia che è una regione a statuto speciale - Legge Costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 “Conversione in legge costituzionale dello Statuto della Regione siciliana, approvato col decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455” - è l’autorità competente in materia di formazione professionale sul territorio siciliano, per il rilascio degli attestati di qualifica professionale, e subordina le attività formative ai controlli degli organi ispettivi dell’Ispettorato del Lavoro, dell’Ufficio Provinciale del Lavoro (U.P.L.) e ogni corso di qualifica professionale si conclude con un Esame Finale innanzi una Commissione esaminatrice istituita con Decreto emanato dall’Assessorato Regionale dell’Istruzione e della Formazione Professionale. Gli attestati rilasciati vengono repertoriati e vidimati dal C.P.I. dell’Assessorato Regionale dell’Istruzione e della Formazione Professionale della Regione Siciliana.

Foto dal corso TOP UP 2013 del CEDIFOP


Va inoltre sottolineato che nel 2010, la regione Sicilia ha emanato la delibera di giunta n .350/2010 introducendo nel Prof 2011 disposizioni precise sui contenuti dei corsi di formazione professionale per OTS di livello base e di specializzazione effettuati nel territorio della regione Sicilia. Considerano che questi percorsi formativi devono essere fatti secondo standard IDSA e HSE, riporta testualmente la seguente specifica : “Per questo settore i corsi di formazione professionale per O.T.S. (Operatori Tecnico Subacquei) di livello Base e di specializzazione si devono attenere alla direttiva 2005/36/CE secondo gli standard dei programmi validati da I.D.S.A. (International Diving Schools Association) e H.S.E. (Health and Safety Executive)”.

A fine corso gli esami vengono effettuati innanzi una commissione istituita con decreto della Regione Sicilia/Italia, il Presidente di detta commissione esaminatrice è un funzionario pubblico. L’attestato di qualifica professionale di tutti i corsi realizzati in questo ambito, come corsi di base e di specializzazione, riportano il logo dello stato italiano, della regione Sicilia, della comunità europea e dell’ente di formazione. Inoltre (nell’angolo in basso a destra) riportano il numero di registrazione dell’attestato presso un ufficio pubblico (Centro per l’Impiego dell’Assessorato del Lavoro), la data e il timbro della regione Sicilia/Italia.

I medesimi standard, adottati in Sicilia nel Prof 2011, sono presenti anche nella proposta legislativa N. 2369 Lo Presti, "Disposizioni concernenti le attività professionali subacquee e iperbariche" “… Questi percorsi per essere validi, oltre che nel territorio italiano anche in quello internazionale, devono adottare standard definiti in coerenza con quelli internazionali previsti dall’Health and Safety Executive (HSE), dall’Association on Diving Contractors (ADC), dall’International Diving Schools Association (IDSA), dall’International Marine Contractors Association (IMCA) e da altri organismi similari …” e nel Documento dell’ENI SpA, del 05/08/2013 dal titolo “Requisiti HSE per i fornitori di lavori subacquei”.

Foto dal corso TOP UP 2013 del CEDIFOP


Attualmente IMCA riconosce, in una lista, “riconoscimenti indiretti” i percorsi formativi di Paesi che seguono regole e standard internazionali approvati dagli Stati ove vengono svolti, quelli attualmente registrati da IMCA sono: Australia, Brasile, Canada, Francia, India, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia, Sud Africa e U.K. Questa lista fino ad oggi non comprende l’Italia, anche perché non si è trovato fino ad oggi una legislazione specifica sui percorsi per commercial diver accettata da Imca per classificare tali percorsi secondo declinazioni legislative italiane. La legislazione italiana attuale, che però risale al 1979/1982 (qualifica di OTS), prevede attività all’interno delle aree portuali, non di interesse dell’IMCA, che opera in offshore. Ma alla luce di quando sta attualmente accadendo, i percorsi formativi svolti in Sicilia, hanno il diritto di essere inseriti in questa lista.

Vista l’importanza dell’argomento, l’Italia, che è uno dei paesi più importanti in Europa (sviluppo costiero) e anche all’estero (vedi ENI spa) nel settore delle attività di subacquea industriale, e vista l’importanza di dare segnali precisi, dove attualmente esiste una grande confusione a discapito della sicurezza e professionalità, e visto i presupposti, si può affermare che attualmente in Italia/Sicilia questi percorsi hanno il riconoscimento dello Stato Italiano, per poter essere inclusi di diritto nella lista dei paesi che hanno percorsi formativi approvati dalle autorità, anche se limitatamente a precisi percorsi che vengono effettuati nel territorio della regione siciliana, con determinate e ben precise condizioni di addestramento, individuate dalla delibera di giunta n.350/2010-Prof 2011.

sabato 2 novembre 2013

L’importanza dei riconoscimenti IMCA nelle certificazioni di Commercial Diver (Parte I: Le 4 tipologie di certificazioni IMCA dirette)

           
(di Manos Kouvakis)


Da alcuni mesi IMCA ha rivoluzionato il suo sito ufficiale aggiungendo diverse informazioni integrative e aggiornato la quasi totalità delle pagine. Ha dato uno spazio maggiore alle certificazioni e ai riconoscimenti che IMCA offre ai suoi associati e agli operatori del settore.

L’importanza di queste certificazioni, sta nel potere aggregativo dell’IMCA, a cui fanno riferimento diverse centinaia di imprese a livello internazionale, nel fatto che ha divulgato documenti di buon senso nelle applicazioni e nel fatto che IMCA generalmente viene riconosciuta come indice di qualità.

Potremmo dividere in tre gruppi certificazioni e riconoscimenti che IMCA approva/riconosce a livello internazionale:
  • 1) nel primo gruppo, di cui parleremo in questa news, ci sono 4 certificazioni dirette,
  • 2) nelle prossime news parleremo dei riconoscimenti indiretti, e
  • 3) infine parleremo delle certificazioni più importanti, che vengono concesse solo a chi ha già una lunga esperienza nel settore, che possiamo definire come riconoscimenti di “esperti commercial diver”
E’ ovvio che in tutti questi riconoscimenti e certificazioni, IMCA si interessa principalmente dell’offshore e non di attività subacquee in acque inshore o similari (acque interne, fiumi, laghi ecc). Concetto che spesso sfugge a chi in Italia usa la parola IMCA, come deus ex macchina, magari per camuffare percorsi che diversamente non sarebbero di nessuno interesse (vedi per esempio percorsi per LST che vengono spacciati per percorsi IMCA, mentre dal sito dell’IMCA risulta chiaro che nessuno in Italia realizza questi percorsi).

In Italia, è iniziata l'evoluzione di un settore che si sta incanalando su binari giusti dopo decenni di buio medievale, a “discapito” di coloro che cercano di coprire le loro lacune mai colmate, per una cronica insufficienza di capacità, che a volte ironizzano su argomenti che non conoscono, perché sicuramente fuori dalle loro capacità intellettive.

E qui bisogna fare delle affermazioni forti: CEDIFOP è una delle scuole riconosciute da IMCA e IDSA (unica didattica a livello mondiale nella subacquea industriale) perché ha superato degli audit innanzi alle commissioni arrivate a Palermo, per esaminare testi, procedure, docenti, ecc.

Gli audit, arrivati su nostra richiesta, dopo un lungo percorso di preparazione, sono stati immediatamente superati, bruciando le tappe, senza il rilievo di alcuna "non conformità" da parte delle delegazioni di esperti che hanno condotto l'audit.

Cosi CEDIFOP, è stata inserita nel portale dell'IMCA a rappresentare una delle 23 scuole a livello mondiale che hanno tale riconoscimento e che possono rilasciare i brevetti IMCA in linea con il documento base ( IMCA D 020 ) che è rappresentato dal DIVER MEDIC, o nel portale dell’IDSA a rappresentare una delle 16 scuole FULL MEMBERS a livello mondiale che hanno tale riconoscimento.

IDSA, va considerata come una didattica che stabilisce i contenuti formativi dei percorsi della subacquea industriale, aggiornati annualmente durante i meeting.

IMCA, invece, si occupa principalmente delle imprese subacquee, mentre nel settore formativo effettua soltanto quattro corsi, che approva e riconosce, e sono i seguenti:
  1. Trainee air diving supervisor, (supervisore di superficie per basso fondale)
  2. Trainee bell diving supervisor, (supervisore di superficie per immersioni in saturazione)
  3. Assistant Life Support Technician (LST)
  4. Diver Medic Training o Refresh (DMT)
Non esiste in Italia nessuna scuola, riconosciuta e autorizzata dall’IMCA per i corsi 1, 2 e 3. L’unico corso IMCA che attualmente si può fare in Italia è il corso per DIVER MEDIC, ma NON tutti i possessori di titoli per OTS possono accedere a questo corso (disposizioni IMCA 2013).

Questi corsi possono essere realizzati da scuole riconosciute dall’IMCA, che hanno chiesto e hanno superato gli audit condotti dagli ispettori dell’IMCA in modo soddisfacente, sia nella parte documentale sia come struttura. Una volta che IMCA ha confermato e approvato tali strutture, riconosce loro il diritto di mettere nei titoli emanati la dicitura “IMCA Approved” o “IMCA Recognised” in relazione a questi corsi specifici.

In tutto questo IMCA non si è mai occupata della formazione degli OTS, perché questa figura, esistente solo in Italia, secondo la legislazione vigente, opera solo all’interno delle aree portuali (DM 1979) quindi non ricadenti nelle aree di interesse IMCA cioè nell’offshore diving.

Nessun altro corso è approvato / riconosciuto da IMCA e, pertanto, nessun altro attestato potrebbe riportare la dicitura “IMCA Approved” o “IMCA Recognised” riferito a qualsiasi altro corso, anche se il percorso formativo riguarda l’offshore diving, sia in Italia ma anche in qualsiasi paese dell’estero.

IMCA ha prodotto una serie di documenti di orientamento su vari argomenti, ma di questi ci occuperemo il prossimo mese.

Di seguito, riportiamo il testo in inglese, preso dal sito dell'IMCA, su quanto sopra esposto:



Training and certification:
- There are only four training courses for which IMCA offers approval/recognition – Trainee air diving supervisor, Trainee bell diving supervisor, Assistant life support technician and Diver medic. Each requires a training establishment to apply for approval then satisfactorily undergo an audit of its documentation, facilities and course. Once IMCA has confirmed approval/recognition such establishments may use the wording ‘IMCA Approved’ or ‘IMCA Recognised’ in relation to these specific courses only

No other courses are approved/recognised by IMCA and, therefore, no establishments should state ‘IMCA Approved’ or ‘IMCA Recognised’ in relation to any other course.

Da questo link si può scaricare il testo integrale, dal sito dell’IMCA, aggiornato nel 2013:

domenica 27 ottobre 2013

Il problema della profondità nei percorsi Italiani per OTS e gli standard in ambito internazionale

(di Manos Kouvakis)


Un grande problema nella definizione del commercial diver italiano è la mancanza di una legislazione specifica. Le uniche norme legislative, e cioè i tre decreti ministeriali vigenti, sono molto datati e assolutamente inadeguati alle esigenze del settore.

Ci sono stati diversi tentativi di elaborare una nuova legislazione nel settore a partire dal 1997 ad oggi, con ben 11 proposte legislative, che si sono susseguite negli anni, di cui abbiamo spesso parlato nelle news precedenti, ma mai ad oggi una di queste è riuscita a superare l’esame delle varie commissioni parlamentari.

Ma analizziamo cosa significa tutto ciò, con un esempio pratico: In data 25 ottobre 2012 un gruppo di OTS iscritti in diversi compartimenti marittimi, hanno inoltrato una lettera alla capitaneria di Porto di Livorno chiedendo chiarimenti sull’impiego di personale nelle operazioni riguardanti la “Costa Concordia” che non risulta iscritto presso alcuna Capitaneria di Porto. La risposta, della Capitaneria di Livorno rispecchia in modo perfetto questa grossa problematica, essa recita testualmente: “…… il decreto Ministeriale 13/01/1979 si applica ai sommozzatori che esercitano le attività all’interno delle aree portuali. Come è noto il relitto della nave Costa Concordia giace al di fuori dell’ambito portuale dell’isola di Giglio…”

In pratica il DM del 1979 è valido e regolamenta solo le immersioni all’interno delle aree portuali in Italia. Al di fuori dei queste aree non esiste ad oggi una legge dello stato italiano, così come accade invece in tutti gli altri paesi, che detta le regole su come possano essere fatte le immersioni lavorative, stabilendo principalmente le regole di sicurezza per queste attività lavorative.

Spesso assistiamo ad attività lavorative subacquee senza alcun vincolo, prescritto per legge sulla sicurezza, in mare aperto, ma anche nelle acque interne come laghi e fiumi, che legislativamente non sono sotto il controllo delle Capitanerie di Porto.

Alcune eccezioni le abbiamo avute negli anni, a partire dal 1991 con una ordinanza della Capitaneria di Porto di Ravenna che ha dato il primo esempio, dopo un incidente mortale verificatosi nel suo territorio, ordinanza che ha dato seguito ad una serie di altre ordinanze, in altri porti Italiani, fino all’ultima del Porto di Messina nel 20 maggio 2013.

Purtroppo, anche se lodevoli queste iniziative che sicuramente hanno il merito di prestare una maggiore attenzione a questa attività, non risolvono ma, per assurdo, complicano ulteriormente il problema, penalizzando chi vuole adeguarsi, con maggiori investimenti per la sicurezza degli operatori alle proprie dipendenze, perché involontariamente favoriscono la concorrenza sleale di ditte che, a qualche chilometro di distanza, presso la capitaneria vicina che non ha emanato una ordinanza che preveda l’obbligo di operare in sicurezza, propongono l’esecuzione dei lavori con prezzi concorrenziali a tutto discapito della sicurezza, togliendo lavoro a chi vuole essere in regola e operare correttamente adottando le procedure necessarie per prevenire il verificarsi di incidenti che purtroppo spesso diventano mortali. 

Sicuramente di questo è convinto anche l’On. A. Di Biagio che, in un suo intervento alla Camera dei Deputati, sull’ordine dei lavori del 28 Aprile 2011, sottolinea nel suo discorso sull’assenza di una legge pertinente, riferendosi all’ultimo incidente mortale nel settore, che: “Mi assumo ogni responsabilità nell’affermare con certezza e risolutezza che la promulgazione e conseguente applicazione di queste disposizioni avrebbe potuto salvare la vita a questo giovane”. 

Se a tutto questo si aggiunge anche la mancanza di una informazione chiara nel settore, si crea una maggiore confusione in chi vuole intraprendere l’attività lavorativa del sommozzatore, infatti, senza alcun controllo, si può trovare di tutto, e i giovani in cerca di formazione e lavoro diventano le vittime di chi vuole speculare utilizzando strutture e attrezzature inadeguate, promettendo nei titoli certificazioni che hanno obiettivi di competenze che non potranno mai dare con una preparazione sommaria e assolutamente inadeguata.

Cosi, possiamo trovare corsi che neanche secondo la esigua legislazione vigente sono adeguati per ottenere l’iscrizione al registro sommozzatori presso le capitanerie di porto perché non rispettano i pochi dettami presenti, ma per scarsa informazione, anche negli enti pubblici, consentono l’iscrizione al registro di persone che completano un corso senza andare mai in acqua, o completano la propria formazione in qualche week-end o frequentando percorsi formativi che usano tecniche e attrezzature della subacquea sportiva e solo nel titolo del corso dichiarano la sua appartenenza al settore della subacquea industriale che inserisce gli operatori nella categoria dei metalmeccanici, sia in Italia che all’estero.
Spesso per dare una maggiore enfasi, prendendo in giro corsisti e istituzioni, promettono corsi a sempre maggiori profondità – per esempio corsi per OTS a – 50 metri – cosi il richiamo è ancora maggiore, ma ancora maggiore è in questi casi l’assoluta inadeguatezza del percorso formativo stesso.

E’ vero che i tre DM che racchiudono la legislazione del settore in Italia non parlano di profondità massima da raggiungere, anche perchè essendo stati emanati per regolamentare le attività sommozzatorie all’interno delle aree portuali, la profondità massima coincide con la batimetria del porto in cui gli operatori vengono iscritti. Batimetria di alcuni metri, ma di certo molto inferiore alla profondità di -50 metri. Nella subacquea sportiva ricreativa, l’immersione per raggiungere profondità elevate e risalire, viene pianificata, spesso, diminuendo al massimo il tempo di permanenza sul fondo. Ma questo problema si ingigantisce, di fronte ad una immersione che prevede una più lunga permanenza sul fondo per eseguire un lavoro, come succede nella subacquea industriale. Tutti sappiamo che il tempo di decompressione a cui un subacqueo deve sottoporsi nella risalita in superficie, è direttamente proporzionale sia al tempo di permanenza sott’acqua, sia alla profondità di immersione.

Considerando una immersione che supera alcune decine di metri, se la permanenza è abbastanza lunga, la decompressione è lunghissima, a volte impossibile da eseguire in acqua e spesso comporta rischi veri e propri per la salute del sommozzatore. Facciamo un esempio: a circa 48 metri di profondità e permanenza di 10 minuti, il tempo di risalita è di circa 6 minuti, con una tappa di decompressione di 2 minuti a 6 metri. Se alla medesima profondità il diver fosse rimasto per circa 50 minuti, il tempo totale di risalita, decompressione inclusa, diventa di circa 270 minuti. Troppo tempo in cui un diver dovrebbe rimanere in acqua, specialmente se si trova in mare aperto e con temperature rigide. Questo comporta, oltre al disagio del subacqueo di una lunghissima permanenza di diverse ore sott’acqua, anche spreco di risorse economiche: personale addetto alla sicurezza e alla salute della persona immersa, imbarcazione bloccata fino alla fine delle operazioni di recupero del diver. Il fattore economico ha svolto un ruolo importante nel cercare di trovare soluzioni sicure e alternative al modo classico di effettuare questa tipologia di immersioni, specialmente nella subacquea industriale.

Due sono le soluzioni: immersione in saturazione (miscele in cui viene sostituito l’azoto con elio), tecnica inizialmente applicata a profondità di – 50 metri fino a profondità attorno a -300 metri (alto fondale), con cui il sommozzatore può, utilizzando le tecnologie adatte e se ha avuto un addestramento adeguato (secondo gli standard della didattica IDSA level 4, o certificazione closed bell dell’HSE-UK, o certificazione francese di Classe 3 mention A, o similari) affrontare anche per interi giorni profondità e attività lavorative e ritornare velocemente in superficie usando la campana chiusa, restando poi in un comodo impianto iperbarico di superficie a fare la decompressione che può durare anche diversi giorni.

E’ ovvio che non sono tecniche da sperimentare in un corso per OTS, specialmente se il personale docente non ha le competenze e le conoscenze adeguate e usa attrezzature e tecniche che rientrano nella subacquea sportiva. 

Naturalmente esistono tecniche precise che permettono questo tipo di attività in sicurezza, di solito nel resto del mondo vengono fatte durante il corso per il TOP UP, applicando tecniche che è impossibile insegnare in un corso base per un OTS che ha come obiettivo quello di lavorare all’interno delle aree portuali. Ma in Italia si fa questo ed altro, visto che basta un pezzo di carta firmato da qualche ignara amministrazione pubblica che garantisce, come deus ex macchina, capacità e competenze mai sperimentate durante i percorsi formativi.

E’ arrivato il momento di una rivisitazione della legislazione italiana adeguandola a quella internazionale, auspicando un maggior controllo del Ministero dei Trasporti che tramite le Capitanerie dovrà ripetere l’operazione del 1999, cioè il controllo della validità delle iscrizioni presso le diverse Capitanerie di Porto in Italia, dove riteniamo che una significativa percentuale non ha la documentazione necessaria, o peggio ancora, non ha alcuna documentazione valida che giustifichi l’iscrizione al registro sommozzatori.

Sarebbe utile la promulgazione di una legge che preveda una diversificazione di iscrizione ad un registro, non in servizio locale, ma per effettuare attività sommozzatorie in tutta Italia, magari utilizzando come documento guida quello che la ENI spa propone da anni, di cui l’ultimo aggiornamento è arrivato in data 05/Agosto/2013, dove sono previste tre diverse categorie di attività, il divieto dell’uso dell’erogatore e l’utilizzo delle tecniche del TOP UP a profondità superiori ai – 30 metri e quelle dell’altofondale a profondità maggiori di -50.

E' vero che qualsiasi corso per OTS in Italia permette l'iscrizione alla capitaneria di porto, ma è assolutamente sbagliato anche solo pensare, che una semplice iscrizione sia sufficiente per lavorare in offshore. Questo è il grande inganno che ogni anno illude decine di giovani che rincorrono una speranza che presto vedranno infranta, nel momento in cui si avvicineranno a questo ambito e si vedranno scavalcati da chi si presenta con carte e certificazioni in regola.

La subacquea industriale ha un suo percorso logico e naturale, perché non viene applicato ai vari livelli di addestramento, cosi come avviene in tutti i paesi del mondo al di fuori dell'Italia? Questa insufficienza e speculazione tutta italiana, ha collocato i titoli italiani da OTS nella categoria dei “prodotti di scarto”, se confrontata con il mercato e le certificazioni valide in ambito internazionale.

Ritengo che siano ormai maturi i tempi affinché la legislazione italiana dia delle regole precise e adeguate, simili agli standard internazionali validi in tutti i luoghi dove opera in sicurezza gente che vive di questo mestiere. Ritengo che salvaguardare la vita degli operatori del settore vada messo sempre fra le priorità non negoziabili e che regole chiare, competenza e professionalità permetteranno anche un salto di qualità del settore e il ritorno agli anni d’oro, quando gli operatori italiani erano famosi e rinomati in tutto il mondo.

sabato 19 ottobre 2013

Si inaugura alla Villa Nasi il primo laboratorio europeo di ricerca medica in ambito subacqueo

Il prossimo 23 ottobre 2013 alle ore 16,30 alla presenza di Autorità Scientifiche, Politiche e Sociali di inaugura il laboratorio europeo di ricerca in Medicina Subacquea presso la villa Nasi, che si erge nel mare Mediterraneo davanti al porto di Trapani.

La realizzazione di tale importante sito è stato possibile grazie ad una convenzione tra la Provincia Regionale di Trapani ed il Consorzio Universitario Trapanese dove è operante da due anni il Master di Medicina Subacquea ed Iperbarica (M.U.H.M.T.).

I locali della Villa Nasi, dove sarà aperto il primo laboratorio europeo di ricerca medica in ambito subacqueo saranno dislocati su due livelli. Il pianoterra, con accesso autonomo direttamente dal mare, prevede una “zona bagnata” dove i subacquei saranno sottoposti, nei tempi immediatamente successivi alla emersione, al controllo ecocolordoppler ed ecocardiografico per la ricerca di microbolle ed una “zona asciutta” dove saranno valutati altri parametri ematochimici e diagnostico strumentali.

Al piano superiore della Villa Nasi saranno sistemati una stanza per la raccolta ed elaborazioni dei dati raccolti, ed una sala riunioni con trenta posti a sedere e dotata di impianti informatici e di videoproiezioni per l’aggiornamento e la formazione.

Il laboratorio sarà alloggiato preso la stupenda “Villa Nasi” in stile liberty, che Nunzio Nasi (Trapani 1850-Erice 1935), ministro trapanese delle Poste (1898-1899) e della Pubblica Istruzione (1900-1903) si era fatta costruire sul mare tra Torre di Ligny e la Colombaia, e già sede del Museo Nasiano dove è possibile ammirare gli ambienti e gli arredi d’epoca (1900 circa) e tra questi ritratti, fotografie e sculture riproducenti le sembianze dello statista.

Il M.U.H.M.T. troverà partner patrocinante per la ricerca sul campo la fondazione DAN Europe diretta dal suo presidente Alessandro Marroni di Teramo.

Il laboratorio di ricerca costituirà la parte operativa del Master, diretto dal Prof. Francesco Paolo Sieli, che a Trapani costituisce sua giovane realtà essendo stato inaugurato nell’anno accademico 2011/2012 e nasce da un percorso di formazione scientifica che la Società Mediterranea di Medicina dello Sport (S.M.M.S.) fin dal 2001, con l’annuale Congresso Mediterraneo a Favignana, ha fatto crescere con la collaborazione della Società Italiana di Medicina Subacquea ed Iperbarica (S.I.M.S.I.) nella persona del suo presidente; Rosario Marco Infascelli di Napoli.

La Medicina Subacquea ed Iperbarica è una specializzazione emergente in quanto oggi grazie alla acquisizione dei benefici della ossigenoterapia iperbarica (O.T.I.) l’impiego della camera iperbarica, oltre ad un presidio terapeutico indispensabile (intervento salvavita) per l’incidente subacqueo e per l’intossicazione da monossido di carbonio, è divenuto un presidio terapeutico essenziale in molte patologie quali la sordità improvvisa, le ferite difficili, le ulcere cutanee infette, le osteomieliti, la retinopatia pignentosa, la necrosi ossea asettica ed il piede diabetico che possono portare ad esiti invalidanti.

L’importanza di formare e perfezionare figure professionali in questo ambito specialistico è molto importante e la “mission” del Master di Medicina Subacquea ed Iperbarica di Trapani si prefigge di continuare proficuamente in questo percorso, e l’istituzione a Trapani del primo laboratorio medico europeo di ricerca subacquea vuole essere la ulteriore forza propulsiva per mandare un messaggio forte alla classe medica (che segue i pazienti) ed ai Manager e Dirigenti sanitari (che rappresentano la Sanità Pubblica) che la Medicina Subacquea ed Iperbarica è una realtà che si vuole affermare per dare ad alcune patologie croniche, causa di invalidità permanente (amputazioni di arti, cecità, sordità etc) una risoluzione favorevole del quadro clinico ai pazienti. A Trapani ancora tale messaggio non è stato recepito in quanto la camera iperbarica ancora oggi viene utilizzata in modo discontinuo per la sola stagione estiva (da maggio a ottobre), indirizzata esclusivamente alle emergenze subacquee e disconoscendo l’importante indicazione terapeutica per le patologie croniche invalidanti che l’impiego della ossigenoterapia iperbarica può modificare favorevolmente. Non trascurando che l’iperbarismo è un trattamento che non può avere un’utilizzazione stagionale ma deve prevedere l’apertura di un servizio pubblico in modo permanente con personale qualificato che oggi è disponibile grazie alla formazione universitaria del Master di Medicina Subacquea ed Iperbarica di Trapani.